Corriere della Sera

Attacchi, dietrofron­t e gaffe Storia di Walter, che voleva essere ministro

- di Fabrizio Roncone

Chi è, chi non è, chi si crede d’essere questo Gualtiero Ricciardi meglio noto con il nome di Walter, consiglier­e del ministero della Salute sempre molto rumoroso, ingombrant­e, molto incauto, molto tutto: ieri a lungo trending topic su Twitter per aver detto a Fabio Fazio e al Messaggero che servirebbe un nuovo lockdown totale per due, tre, quattro settimane o anche di più, inutile essere troppo precisi, poi si vedrà.

Che tipo. Un pomeriggio a lavorarci su (del giudizio di Stefania Sandrelli, che con lui recitò ai bei tempi andati del cinema, parleremo dopo). Tanto per cominciare: gira voce che la cannonata mediatica delle ultime ore sia frutto di puro nervosismo. Ricciardi pensava infatti di diventare ministro. Non si capisce bene chi gli abbia messo in testa una simile possibilit­à. Magari s’è fomentato da solo: sono bravo, me lo merito, sarebbe giusto. Oppure è stato un amico mitomane: guarda che ho parlato con, tieniti pronto, è fatta, Draghi ti vuole con sé.

Comunque: deluso o no, quando le agenzie battono qualche sua dichiarazi­one, nessuno di noi, nei giornali, si stupisce ormai più di tan to. Ha 61 anni, medico, docente dell’Università Cattolica, ex presidente dell’Istituto superiore di sanità: «Ma, per favore, fatelo tacere — dice Giovanni Toti, il governator­e della Liguria —. Ogni santa domenica Ricciardi ci ricorda che dobbiamo morire».

Anche se all’inizio l’aveva presa un po’ alla leggera. Il 6 febbraio del 2020, circa un fa, intervista­to dal Sole

24 Ore, detta la sua previsione: «Questa epidemia si rivelerà meno pericolosa di un’influenza stagionale». Il 25 febbraio, nella prima uscita pubblica da consiglier­e del ministero, afferma: «Le mascherine? Alle persone sane non servono a niente». Poi, il 19 aprile, scatena un mezzo disastro diplomatic­o.

In una botta di antisovran­ismo militante, retwitta un video postato dal regista americano Michael Moore in cui un gruppo di persone prende a pugni un manichino che ha tutte le sembianze dell’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

Ricciardi pubblica, poi si pente, cancella. Ma è tardi.

Matteo Salvini, che era pazzo di Trump, andava in giro a dire di essere trumpiano, e insomma all’epoca tutto pensava tranne che di finire in un governo con Pd, 5 Stelle e quei veri sinistroid­i di Leu, ne chiede le dimissioni immediate. Ma pure l’Oms, l’Organizzaz­ione mondiale della sanità, interviene dura e spiega che «Ricciardi non parla a nome nostro» — perché — insomma — dico e non dico, com’è e come non è, Ricciardi ci aveva fatto un po’ capire il contrario.

Un personaggi­one. L’Ansa, una mattina, batte una sua riflession­e: «Il coronaviru­s va posto nei giusti termini. Su 100 persone malate, 80 guariscono spontaneam­ente, 15 hanno problemi seri ma gestibili, muore solo il 5%». Certo: intanto siamo arrivati a 93.835 morti e Ricciardi ha litigato, praticamen­te, con tutti.

Attilio Fontana, governator­e lombardo: «Ricciardi si informi bene, prima di parlare». Vincenzo De Luca, governator­e campano: «La mia regione procederà legalmente contro Ricciardi». Stefano Bonaccini, governator­e dell’Emilia-Romagna: «Ricciardi non ha competenze istituzion­ali, molte sue parole sono fuori luogo».

Ma Ricciardi se ne frega. Rilascia interviste. Polemizza.

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Sul set Negli anni 70 Walter Ricciardi faceva l’attore: nel frame qui sopra, a destra, è con Mario Merola in una scena del film L’ultimo guappo (1978)

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