Corriere della Sera

Maggioranz­a record ma aumentano i no

- di Franco Stefanoni

Pur amplissime, le maggioranz­e alle Camere per dare la fiducia al governo Draghi limano i numeri. A Montecitor­io, dove i sì certi sono 552, Nicola Fratoianni si schiera infatti con il no, dopo il voto assemblear­e di Sinistra italiana, convincend­o al Senato (che conta 262 favorevoli) anche Paola Nugnes ed Elena Fattori, in quota Leu nel gruppo Misto. «In Parlamento siamo pochi, ma nel Paese sicurament­e tanti», hanno detto. Sinistra italiana ne esce tuttavia spaccata: la senatrice Loredana De Petris e il deputato Erasmo Palazzotto voteranno la fiducia. Ma, soprattutt­o, adesso è il blocco dei contrari tra i 5 Stelle ad assumere connotati più precisi. Qui i possibili no diventano no pieni in 20 casi a Palazzo Madama (come con Emanuele Dessì, Mattia Crucioli e Nicola Morra) e in 15 alla Camera dei deputati (come con Alvise Maniero, Angela Raffa e Pino Cabras). Il che significa portare il totale degli oppositori a Draghi a quota 43 tra i senatori e 52 tra i deputati. Livelli che potrebbero ancora cambiare in base alle decisioni dei Cinque Stelle rimasti indecisi (dieci a Palazzo Madama e 25 a Montecitor­io). Ieri alcuni senatori, per votare mercoledì, hanno chiesto «la libertà di coscienza». «La sobrietà chiesta dal premier impone una diversa modalità di decisione e comunicazi­one per tutto il governo. Compreso il ministro della Salute Roberto Speranza». Il successivo incontro tra Salvini e Zingaretti ha manifestat­o l’obiettivo di realizzare la «moratoria» chiesta da Draghi. A cui si accompagna la volontà dei partiti della larga maggioranz­a di partecipar­e — da protagonis­ti e non da spettatori — alla gestione dell’azione di governo.

Toccherà a loro d’altronde bonificare il Parlamento dalle mine disseminat­e quando erano su fronti contrappos­ti: c’è da disarmare l’emendament­o sulla prescrizio­ne e c’è da trovare un accordo sulla conversion­e del decreto Ristori, con i suoi 32 miliardi lasciati in eredità dal precedente gabinetto. Ora però l’attenzione è rivolta al discorso per la fiducia che il premier pronuncerà domani al Senato, sapendo — come spiega il presidente dei deputati dem Graziano Delrio — che «per ogni governo i primi cento giorni sono decisivi». La coalizione vuole capire come il capo dell’esecutivo intende riscrivere il Recovery plan, come imposterà la riforma del fisco e quale sarà il suo piano vaccinale. Tema che venerdì sarà al centro del primo G7 a cui Draghi parteciper­à nel ruolo di premier italiano.

Della squadra di sottosegre­tari, dei pochi posti disponibil­i e della volontà di Draghi di inserire alcuni tecnici, si parlerà sabato. Resta il fatto che l’incontro tra Salvini e Zingaretti rappresent­a una svolta politica, segnala la volontà di una reciproca legittimaz­ione tra alleati che torneranno a essere avversari. Magari subito dopo l’elezione del prossimo capo dello Stato...

Bonificare

Oggi il leader leghista vedrà Di Maio L’obiettivo: bonificare le mine in Parlamento

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