Maggioranza record ma aumentano i no
Pur amplissime, le maggioranze alle Camere per dare la fiducia al governo Draghi limano i numeri. A Montecitorio, dove i sì certi sono 552, Nicola Fratoianni si schiera infatti con il no, dopo il voto assembleare di Sinistra italiana, convincendo al Senato (che conta 262 favorevoli) anche Paola Nugnes ed Elena Fattori, in quota Leu nel gruppo Misto. «In Parlamento siamo pochi, ma nel Paese sicuramente tanti», hanno detto. Sinistra italiana ne esce tuttavia spaccata: la senatrice Loredana De Petris e il deputato Erasmo Palazzotto voteranno la fiducia. Ma, soprattutto, adesso è il blocco dei contrari tra i 5 Stelle ad assumere connotati più precisi. Qui i possibili no diventano no pieni in 20 casi a Palazzo Madama (come con Emanuele Dessì, Mattia Crucioli e Nicola Morra) e in 15 alla Camera dei deputati (come con Alvise Maniero, Angela Raffa e Pino Cabras). Il che significa portare il totale degli oppositori a Draghi a quota 43 tra i senatori e 52 tra i deputati. Livelli che potrebbero ancora cambiare in base alle decisioni dei Cinque Stelle rimasti indecisi (dieci a Palazzo Madama e 25 a Montecitorio). Ieri alcuni senatori, per votare mercoledì, hanno chiesto «la libertà di coscienza». «La sobrietà chiesta dal premier impone una diversa modalità di decisione e comunicazione per tutto il governo. Compreso il ministro della Salute Roberto Speranza». Il successivo incontro tra Salvini e Zingaretti ha manifestato l’obiettivo di realizzare la «moratoria» chiesta da Draghi. A cui si accompagna la volontà dei partiti della larga maggioranza di partecipare — da protagonisti e non da spettatori — alla gestione dell’azione di governo.
Toccherà a loro d’altronde bonificare il Parlamento dalle mine disseminate quando erano su fronti contrapposti: c’è da disarmare l’emendamento sulla prescrizione e c’è da trovare un accordo sulla conversione del decreto Ristori, con i suoi 32 miliardi lasciati in eredità dal precedente gabinetto. Ora però l’attenzione è rivolta al discorso per la fiducia che il premier pronuncerà domani al Senato, sapendo — come spiega il presidente dei deputati dem Graziano Delrio — che «per ogni governo i primi cento giorni sono decisivi». La coalizione vuole capire come il capo dell’esecutivo intende riscrivere il Recovery plan, come imposterà la riforma del fisco e quale sarà il suo piano vaccinale. Tema che venerdì sarà al centro del primo G7 a cui Draghi parteciperà nel ruolo di premier italiano.
Della squadra di sottosegretari, dei pochi posti disponibili e della volontà di Draghi di inserire alcuni tecnici, si parlerà sabato. Resta il fatto che l’incontro tra Salvini e Zingaretti rappresenta una svolta politica, segnala la volontà di una reciproca legittimazione tra alleati che torneranno a essere avversari. Magari subito dopo l’elezione del prossimo capo dello Stato...
Bonificare
Oggi il leader leghista vedrà Di Maio L’obiettivo: bonificare le mine in Parlamento