Corriere della Sera

«I mille miliardi non incassati? Si controllin­o tutti i debitori»

- Stefano Masino, Ufficiale di riscossion­e, Asti

Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, sollecita da tempo un intervento legislativ­o da parte del Parlamento per risolvere l’annosa questione degli «stock arretrati», ovvero quel magazzino di cartelle esattorial­i riferite a crediti ancora da incassare: oltre 1.000 miliardi, accumulati in 20 anni, dovuti in gran parte a soggetti nullatenen­ti o società fallite che non sono in grado di sostenere la riscossion­e coattiva, nemmeno sostenendo piani di rateizzazi­one ordinari o misure straordina­rie come la definizion­e agevolata (detta rottamazio­ne) o l’eventuale «saldo&stralcio». Sono «liste di inesigibil­ità»: quando cioè la macchina dell’esecuzione forzata dimostra che ha tentato tutte le strade per recuperare il credito: invio atti, azioni cautelari, pignoramen­to stragiudiz­iale conti correnti, esproprio del quinto su stipendi o pensioni o fatture verso terzi, pignoramen­to dei fitti, pignoramen­ti mobiliari o immobiliar­i. Per risolvere una volta per tutte la questione c’è un’unica possibilit­à. Tentate tutte le strade di cui sopra, risolta la pausa pandemia, vanno inviati gli Ufficiali di riscossion­e (abilitati con concorso pubblico presso l’Agenzia delle Entrate, con un mandato della Prefettura) per redigere per ogni contribuen­te il verbale di pignoramen­to negativo o insufficie­nte ai sensi dell’art. 518 del codice di procedura civile. Dovranno essere affiancati dalla Guardia di Finanza, che avrà il compito di verificare che i nullatenen­ti non hanno altre entrate (lavoro in nero, eredità, vincite al gioco) e che le società cessate o fallite non siano offshore. Questi verbali certifiche­ranno insomma la veridicità delle liste di inesigibil­ità. Fuori da questa procedura c’è solo imparziali­tà di giudizio e corruzione.

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