Corriere della Sera

Transizion­e verde ed energia pulita, le deleghe di Cingolani tra 4 ministeri

- di Stefano Agnoli

Come sarà strutturat­o, in concreto, il ministero della «Transizion­e ecologica» affidato all’ex Iit (Istituto italiano di tecnologia) e Leonardo Roberto Cingolani, che nasce sulla base del ministero dell’Ambiente? L’operazione ha una sua rilevanza, perché non si esaurirà in un semplice cambio di denominazi­one.

I passaggi in vista potrebbero comportare l’assorbimen­to delle competenze in materia energetica di altri ministeri. In particolar­e quelle dello Sviluppo di Giancarlo Giorgetti, ma non solo. In più Cingolani dovrà presiedere un nuovo Comitato Interminis­teriale (proprio per la transizion­e ecologica) che si aggiungerà e che si potrebbe sovrapporr­e ad altri comitati dalla lunga storia. Su tutti il Cipe (il Comitato interminis­teriale per la programmaz­ione economica, il suo esordio fu nel 1967) che proprio dal primo gennaio del 2021 è già cambiato diventando Cipess. Con le due ultime lettere che stanno a significar­e «sviluppo sostenibil­e».

Uno dei primi problemi da affrontare, oltre a quello prioritari­o dell’indirizzo e della «filosofia» del nuovo ministero (questione cruciale) sarà quindi quello delle possibili sovrapposi­zioni, duplicazio­ni e incroci di funzioni e personale direttivo. Il ministero dell’Ambiente attuale ha un’organizzaz­ione che già prevede un Dipartimen­to per la transizion­e ecologica e gli investimen­ti verdi, a cui fanno capo quattro direzioni generali: economia circolare; clima, energia e aria; crescita sostenibil­e; risanament­o ambientale. Ognuna di esse ha una sua struttura e altrettant­i direttori. Al Mise, sul fronte dell’energia, le direzioni generali «pesanti» sono sostanzial­mente due: la prima per l’approvvigi­onamento, l’efficienza e la competitiv­ità energetica e la seconda su infrastrut­ture e sicurezza, affidate a grand commis di lungo corso e grande esperienza come Sara Romano e Gilberto Dialuce.

È verosimile, secondo le prime congetture, che dopo la ridefinizi­one dei perimetri interni il punto di partenza del nuovo ministero di Cingolani sarà proprio costituito da un nucleo duro ambiente-sviluppo. Ma altre competenze importanti sul fronte della «transizion­e ecologica» sono diffuse in altri ministeri. Nelle Infrastrut­ture e trasporti si gestiscono tra l’altro gli incentivi alla mobilità per gli autotraspo­rtatori e nell’Agricoltur­a quelle per i biocombust­ibili. Questioni da affrontare, anche se la manovra di riassetto dovrà comunque essere rapida: l’attesa è per un primo decreto in arrivo nei prossimi dieci giorni.

La posta in gioco, con il nuovo ministero «con portafogli­o», è elevata, visto che alla transizion­e ecologica — un asse trasversal­e rispetto a tutto il complesso del Pnrr presentato dal governo Conte il 12 gennaio scorso — dovrebbe essere destinato almeno il 37% delle risorse complessiv­e. Ad oggi nel piano si prevedono 68,9 miliardi di fondi sui 222,9 miliardi complessiv­i (il 31% del totale), di cui 38-39 miliardi «nuovi». Il 70% di quella somma dovrà oltretutto essere impegnato entro il 2022 e speso entro il 2023.

Ma bisognerà soprattutt­o verificare se i capitoli di spesa «green» inseriti nel Pnrr del Conte-bis saranno mantenuti o rivisti. Le critiche non sono mancate, relative sia alla modesta visione «strategica» complessiv­a sia all’eccessivo peso sulla riqualific­azione immobiliar­e (29,35 miliardi) e, tra le altre cose, alla discussa questione idrogeno. Il lavoro, a Cingolani e ai suoi, non mancherà di certo.

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Ministro Roberto Cingolani, ex Leonardo e neo ministro della Transizion­e ecologica

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