Lastanzadigreta, la band che suona pentole e barattoli
Dentro Lastanzadigreta ci sono cinque musicisti torinesi, un collettivo pieno di idee, canzoni e strumenti curiosi: «La nostra sala prove sembra un mercatino delle pulci e nei concerti abbiamo 70 o 80 cose sul palco, dai giocattoli alle pentole, dalle padelle ai barattoli del caffè. Ma recuperiamo anche strumenti rari come drum machine o vibrafoni portatili», racconta Jacopo Tomatis, uno dei componenti.
Quanti strumenti ci siano nel nuovo disco Macchine inutili — secondo album dopo Creature selvagge, premio Tenco come opera prima nel 2017 — non si sa con precisione, «siamo nell’ordine della cinquantina», calcola Tomatis. Ma alla base c’è una doppia convinzione: «Tutti possono suonare e tutto si può suonare. Siamo abituati a rimpiazzare velocemente, piuttosto che riparare, ma non è necessario per forza avere una chitarra costosa, quel che è vecchio può tornare nuovo».
Ciò che esce dalla loro miriade di strumenti è una musica che hanno codificato come «musica bambina», canzoni dall’atmosfera giocosa e infantile che però parlano di argomenti più seri, come il precariato, l’ambiente, il postcapitalismo, la Resistenza: «Volevamo creare un contrasto, osservare il mondo senza esprimere giudizi associando musiche che non necessariamente sottolineano quell’aspetto». Così Macchine inutili (il titolo è un omaggio a Bruno Munari) da un lato riflette sul ruolo delle canzoni «importanti proprio perché inutili», dall’altro pone uno sguardo ironico e disincantato sul presente: c’è la macchina inutile della burocrazia evocata nel brano Spid, ci sono le relazioni che fanno i conti con il portafogli in Canzone d’amore e di contributi.
Lastanzadigreta va alla ricerca di una «musica democratica in cui ciascuno si mette in gioco»: nel gruppo (età media tra 35 e 37 anni) c’è una voce principale, ma non c’è un frontman e non ci sono ruoli predefiniti: «Ci scambiamo idee sulla composizione, discutiamo, editiamo. E il risultato è che quando una canzone è finita nessuno ha ben chiaro cosa ci abbia messo dentro. Litighiamo e scateniamo dibattiti su ogni parola, come un movimento studentesco degli anni 70».
Dinamiche che costituiscono «un grave problema per emergere nella scena pop», sorride Tomatis: «C’è poca richiesta per la band oggi, specie senza un frontman carismatico. Però abbiamo vinto un Tenco da auto-prodotti e abbiamo finanziato il nuovo disco con un bando Siae. Siamo la prova che un discorso alternativo si può fare».