Un gruppo Pd-M5S-Leu con la spinta di Conte
L’iniziativa del premier uscente per l’alleanza (e contro Lega e FI) Zingaretti: federatore? Deciderà lui che ruolo avere in futuro
APalazzo Madama, ieri, vigilia di voto di fiducia a Draghi, è nato un coordinamento tra le forze che sostenevano il Conte 2 e ora appoggiano il nuovo esecutivo: Pd, M5S e Leu. Un’alleanza di programma che «partendo dall’esperienza del Conte 2 rilanci il Paese». «Iniziativa opportuna», ha detto l’ex premier.
Giuseppe Conte non lascia la politica, anzi rilancia. C’è l’ex presidente del Consiglio dietro l’iniziativa di costruire un blocco parlamentare formato da M5S, Pd e Leu. I tre partiti sopravvissuti alla brusca fine del governo giallorosso non vogliono farsi schiacciare dai numeri del centrodestra e provano a pesare, in vista delle scelte cruciali sulla pandemia e sul Recovery plan.
Il primo a commentare come «giusta e opportuna» l’iniziativa dei capigruppo al Senato dei tre partiti, che hanno deciso di dar vita a «intergruppo parlamentare», è proprio Conte. L’avvocato, che tornerà a Firenze a insegnare Diritto privato, mostra di credere ancora nel futuro di quella Alleanza per lo sviluppo sostenibile di cui ha parlato il 4 febbraio nel «discorso del tavolino». Per lui la decisione di tenere in piedi quel che resta del centrosinistra servirà a promuovere iniziative «che rilancino l’esperienza positiva» del suo governo, mandato a casa anzitempo da Matteo Renzi. Un «patrimonio comune» che il professore pugliese non ha alcuna intenzione di disperdere, anche in vista degli appuntamenti elettorali che verranno.
Sono i primi, faticosi passi, perché il trauma del governo rottamato ha lasciato segni profondi e l’alleanza è ancora tutta da costruire. Nicola Zingaretti ritiene «molto importante» la scelta dell’intergruppo perché offre a Mario Draghi «un’area omogenea per aiutarlo a raggiungere i propri obiettivi sull’asse politico dell’europeismo, che altrimenti sarebbe stato più debole». A Cartabianca su Rai3 il segretario del Pd riconosce a Conte la volontà di «contribuire a far rimanere unita questa alleanza e di aiutare il M5S», ma non sembra ancora pronto a incoronarlo federatore: «Questo lo deciderà lui... E poi nel suo rapporto con i 5 Stelle si è messo a disposizione».
Il problema per l’inquilino del Nazareno è che non tutti nel Pd, dove tanti parlamentari furono eletti alla Camera e al Senato grazie a Renzi, sono pronti a stendere tappeti rossi al passaggio di Conte. I senatori dem D’Arienzo, Nannicini e Verducci chiedono una «discussione ampia e approfondita» nei gruppi parlamentari. E il capogruppo Andrea Marcucci, che ha sì voluto la nascita dell’intergruppo assieme ai presidenti Ettore Licheri del M5S e Loredana De Petris di Leu, ha detto a Zapping su Radio Uno di ritenere «improbabile» la candidatura dell’ex premier nel collegio uninominale di Siena.
In realtà il Pd non ha deciso se far correre o no Conte per il seggio alla Camera lasciato vacante da Pier Carlo Padoan. C’è chi frena, chi spinge e chi consiglia all’avvocato del popolo di tenersi alla larga dal Parlamento, per preservare la sua immagine e il bottino di consensi (per ora virtuali) accumulato nei due anni e mezzo di governo. Da dentro o da fuori, il giurista di Volturara Appula è in campo e farà sentire la sua voce. Pensa di contribuire a indirizzare «la svolta ecologica e digitale e le riforme della Pa e della giustizia» e si propone come guida della triplice M5S-Pd-Leu. E anche se nella nota con cui festeggia la nascita dell’intergruppo non cita per nome Mario Draghi, Conte conferma indirettamente il sostegno al successore.
La mossa di ieri serve a dire che, nel nuovo scenario politico i numeri sono dalla parte della ex maggioranza giallorossa e che Conte ne resta il punto di riferimento. Un messaggio rivolto anche ai tanti senatori del M5S che si apprestano a non votare la fiducia e che potrebbero ripensarci per seguire le indicazioni dell’ex presidente del Consiglio.