La linea del rigore Ora Speranza confida in Gelmini come sua alleata
Il ministro della Salute potrebbe trovarsi solo a fronteggiare la Lega La ricerca di un nuovo equilibrio e la cabina di regia guidata dal premier
Il bombardamento di Salvini contro le politiche anti-Covid del governo è destinato a continuare. Dopo lo sci, il commissario Arcuri, il consigliere Ricciardi e gli scienziati del Cts, il leader della Lega ha rimesso al centro del mirino Roberto Speranza. Ma il ministro della Salute tira dritto sulla via del rigore assoluto, convinto com’è che la strategia migliore di fronte al virus che corre e che muta sia quella del realismo e che Mario Draghi non invertirà la rotta sulle politiche di contenimento del Covid. Chi ha parlato con il premier si è fatto l’idea che si procederà sulla base dei dati epidemiologici e se gli esperti chiederanno misure più restrittive, il governo le adotterà.
Per l’ex presidente della Bce la lotta alla pandemia è priorità assoluta, come lo sono le conseguenze economiche e sociali sulle vite delle persone. Le scelte per il contenimento del virus e delle nuove varianti che allarmano gli scienziati deriveranno dallo sforzo di tenere assieme regole e ristori. Ma non sarà facile, vista la tensione fortissima che si è innescata tra rigoristi e aperturisti della nuova maggioranza di unità nazionale.
Il cambio di fase e di scenario politico ha fatto saltare gli equilibri che, sia pure faticosamente, hanno retto per il primo anno della pandemia. Le scelte destinate a finire nei decreti e nei Dpcm venivano prese nella riunione dei capi delegazione con Giuseppe Conte e a vincere era sempre l’asse della linea dura: il tandem Speranza-Boccia e il capo delegazione dem, Franceschini. Adesso il ministro della Salute non ha più al suo fianco l’ex ministro del Pd Francesco Boccia, che gli garantiva il sostegno dei Comuni e delle Province e la collaborazione di un blocco di Regioni come Lazio, Toscana, Emilia-Romagna, Puglia, spesso con la sponda del Veneto. Ora, con Mariastella Gelmini alla guida degli Affari regionali e delle Autonomie, l’equilibrio politico è tutto da ricostruire e l’asse, questo il timore di tanti a sinistra, rischia di spostarsi a destra. E, geograficamente, al Nord.
Basti dire che nel governo Draghi ben nove ministri sono lombardi e lo è anche Gelmini, che ieri ha incontrato Salvini per fare il punto sulle scadenze e sul contributo del centrodestra all’azione dell’esecutivo. Insomma, se prima Speranza trovava in ogni decisione il pieno sostegno del Pd e anche del M5S attraverso il capo delegazione Bonafede, ora potrebbe ritrovarsi solo a fronteggiare gli attacchi della Lega.
Paradossalmente chi non sembra preoccuparsi troppo è proprio Speranza e non solo perché confida nelle capacità di mediazione del premier. Se il ministro della Salute non pare temere più di tanto gli attacchi leghisti è perché nei primi incontri riservati l’azzurra Gelmini ha mostrato di interpretare alla lettera il mandato del presidente Mattarella e dello stesso Draghi, che alle forze politiche hanno detto con voce forte e chiara come l’unità nazionale sia l’unica opzione possibile per la salvezza del Paese.
Vero dunque che la Lega ha in mano 13 Regioni, ma è vero anche, tranquillizza nelle riunioni riservate la ministra degli Affari regionali, che «le carte le dà Draghi e poiché si lavora per il bene del Paese bisogna sospendere le differenze politiche». Avanti dunque su quella linea del rigore che Speranza ritiene «l’unica compatibile con la tenuta del Paese», stando sempre attenti, come chiede Gelmini, a bilanciare le chiusure delle attività economiche con ristori adeguati e immediati.
Sul piano della governance non ci sarà una rivoluzione, ma diverse cose muteranno. «Serve un cambio di passo», insiste Salvini e su questo la ministra Gelmini concorda. Il Comitato tecnico scientifico verrà numericamente ridimensionato. Nascerà una nuova cabina di regia guidata da Draghi, che non sarà più la capi-delegazione ma avrà dentro un esponente per ogni partito. I nomi che si fanno in Parlamento, oltre al sottosegretario alla presidenza Garofoli, sono quelli di Di Maio, Giorgetti, Franceschini, Bonetti, oltre a Speranza e Gelmini. Ancora presto per dire se il premier sceglierà di procedere, come Giuseppe Conte, a colpi di Dpcm, o se punterà su decreti e ordinanze, anche per dare il segno di una discontinuità. Al di là dello strumento tecnico, l’impressione di quanti hanno in mano il dossier Covid è che Draghi abbia «grande consapevolezza delle difficoltà e delle insidie di questa fase». Spingerà ad accelerare sui vaccini, sempre però mantenendo un approccio «di grande rigore» sulle misure di contenimento.