La app Immuni dimenticata (ma il governo può agire)
Inumeri sono aggiornati al 14 febbraio: 10.308.187 download e 88.217 notifiche inviate. Pochi: l’applicazione Immuni non ha dato il contribuito sperato alla lotta alla virus ed è finita nel dimenticatoio, nonostante sia ancora attiva. La buona notizia è che da gennaio è pronto un aggiornamento che permetterà a chi è positivo di sbloccare le notifiche all’interno dell’app. In una prima fase bisognava cercare qualcuno, fra medico di famiglia e Asl, che sapesse cosa fare. Poi è arrivato il call center. Agire in autonomia, grazie al codice univoco del referto del tampone (Cun) e alla tessera sanitaria, sarà più immediato. L’app britannica dà una possibilità analoga e, secondo l’Alan Turing Institute e l’Università di Oxford, ha aiutato a prevenire circa 600 mila nuovi contagi. In Italia serve il via libera del Garante per la privacy, che dovrebbe arrivare entro fine mese. Sarà un passo avanti, ma per capire il vero destino del progetto a cui è mancata una governance centrale e che potrebbe aiutare nell’insidiosa coda (si spera) di Sars-CoV-2 e nella gestione delle future epidemie bisognerà attendere le mosse del premier Mario Draghi e, soprattutto, del ministro per la Transizione digitale Vittorio Colao, che in passato ha espresso in modo chiaro le sue idee su come l’app avrebbe dovuto funzionare (Gps in congiunzione all’uso dei dati delle reti mobili). E come capo della task force per la fase 2, in aprile, Colao ha detto: «Se quest’estate l’avremo tutti o quasi, bene; altrimenti servirà a poco». Così è andata: è servita a poco. Adesso Colao potrà metterci le mani.