Effetto Covid sulle pensioni: il disavanzo sale a 33 miliardi
Il 2019, oggetto del Rapporto annuale di Itinerari previdenziali, era stato un anno buono per i conti pensionistici. Ma con la pandemia c’è stato un brusco peggioramento, destinato a pesare almeno fino al 2023. Lo si vede bene scorrendo le tabelle illustrate ieri alla Camera dal presidente di Itinerari, Alberto Brambilla. Nel 2019 gli occupati in Italia avevano raggiunto il massimo storico di quasi 23,4 milioni, nel 2020 siamo scesi a poco più di 22,6 milioni. Ciò significa oltre 9 miliardi in meno di entrate contributive. Allo stesso tempo il numero delle pensioni è salito da 22,8 a 23 milioni, con un aumento della spesa di circa 3 miliardi. Risultato: il deficit, al netto dei trasferimenti dallo Stato, che dai 25 miliardi del 2013 si era ridotto a 20,8 miliardi nel 2019, schizza a 33 miliardi nel 2020 e si manterrà sopra i 25 miliardi all’anno fino al 2023. La crisi economica innescata dalla pandemia, si legge, «incentiverà la propensione al pensionamento anticipato» e anche Quota 100, che nei primi due anni è stata usata meno del previsto, nel 2021 potrebbe funzionare «come una sorta di ammortizzatore sociale (meglio una rendita decurtata che nessuna rendita)» se si perde il lavoro. La spesa pensionistica salirà mentre quella per l’assistenza, già cresciuta da 98 a 114 miliardi dal 2014 al 2019, dopo il covid, rischia di esplodere.