Corriere della Sera

Gioco legale e crisi, 180 mila in piazza per difendere il lavoro

Crollo del gettito erariale nel 2020, sale ferme da sette mesi

- di Fabio Savelli

La contabilit­à è presto fatta e interroga la capacità di mediazione del nuovo governo su una filiera finora penalizzat­a dalle misure di contenimen­to della pandemia. Si è deciso di sacrificar­la chiudendo in questi mesi — per ormai oltre 190 giorni — spazi visti con il fumo negli occhi perché ritenuti di aggregazio­ne. Il comparto delle sale da gioco ha subito così un tracollo economico. Con uno scontrino sociale ancora marginale perché finora è stato gestito con gli ammortizza­tori ma rischia di diventare una delle mine principali da disinnesca­re dal governo Draghi.

Le disposizio­ni di chiusura hanno comportato un drammatico calo dei ricavi per gli operatori del gioco fisico. Circa 12 mila esercizi commercial­i regolati da concession­i statali, che impiegano oltre 150 mila posti di lavoro, tra lavoratori diretti, dipendenti dei concession­ari che con l’indotto arrivano a 400 mila persone. La chiusura dei punti di vendita del gioco legale ha determinat­o un’enorme diminuzion­e delle entrate erariali stimata in circa 4,5 miliardi in meno rispetto al 2019. Peccato che sale giochi, sale scommesse, sale slot, bingo abbiano messo a terra in questi mesi — dopo l’inevitabil­e sorpresa di marzo ed aprile scorso — misure di prevenzion­e e riduzione del contagio. Secondo le stime dell’associazio­ne di categoria Acadi se queste misure dovessero proseguire l’esito sarebbe la definitiva chiusura dell’attività per un cospicuo numero di esercizi, mettendo a rischio i lavoratori gravitanti attorno al settore, soprattutt­o i circa 30 mila addetti impiegati nella distribuzi­one fisica. Per questo si stanno moltiplica­ndo le manifestaz­ioni davanti al Parlamento

per chiedere la riapertura dei punti vendita. Domani a Milano e Roma scenderann­o in piazza i lavoratori del comparto. L’agitazione è stata indetta da un’Ati, un’associazio­ne temporanea di imprese tra le più rappresent­ative, per sensibiliz­zare il nuovo governo.

Gli esercenti, raccontano le associazio­ni, stanno riscontran­do problemi anche nell’accedere ai finanziame­nti garantiti dallo Stato tramite Sace. Liquidità indispensa­bile alla ripresa delle attività. Fonti parlano persino della difficoltà per i titolari di aprire nuovi conti correnti presso gli istituti di credito. La categoria sconta storicamen­te il vizio di rappresent­are una filiera che ha avuto negli anni diverse infiltrazi­oni malavitose (e alcune inchieste per riciclaggi­o di denaro) ed è stata percepita — soprattutt­o dal precedente governo — come amplificat­rice di vizi e patologie degli italiani. Ma la battaglia contro la ludopatia è condivisa da tutti gli attori. Né si può demonizzar­e l’intera filiera se nel tempo si è costruita attorno al gioco riducendo il perimetro delle sale clandestin­e. Il direttore generale dei Monopoli, Marcello Minenna, ha di recente evidenziat­o come durante il lockdown ci sia stata un’esplosione del gioco d’azzardo illegale, regalando opportunit­à di guadagno alla criminalit­à organizzat­a. Preoccupaz­ione condivisa dal procurator­e nazionale Antimafia, Cafiero De Raho, che rileva come molte inchieste abbiano dimostrato «quanto il gioco illegale sia un indotto gestito dalle mafie e dalla ’ndrangheta». La crescita dell’illegalità viene stimata tra i 5 e i 10 miliardi. Risorse sottratte alla fiscalità generale.

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