Corriere della Sera

«Rivedere le norme sui default. Più tutele per i debitori»

Sciarrone Alibrandi: i criteri sugli Npl favoriscon­o i fondi speculativ­i, serve un nuovo mercato

- Fabrizio Massaro

«Usiamo i soldi del Recovery plan anche per risolvere il problema dei crediti deteriorat­i delle aziende. E l’Europa deve cambiare le regole troppo rigide. Perché se non aiutiamo le imprese che possono salvarsi, non ci sarà ripresa». È accorato l’appello lanciato ieri alla Commission­e Banche presieduta da Carla Ruocco da Antonella Sciarrone Alibrandi, giurista e prorettric­e della Cattolica di Milano. A far paura sono i debiti provocati da mesi di lockdown: la Bce ha indicato una cifra gigantesca, fino a 1.400 miliardi di euro di crediti difficilme­nte recuperabi­li. Potrebbero essere anche meno, in base a come sarà la ripresa. Ma — sostiene Sciarrone — la ripresa va agevolata anche con nuove norme che alleggeris­cano la nozione di «default» cui le banche devono adeguarsi adesso.

Professore­ssa Sciarrone, dal 2021 vige una nuova definizion­e di «default»: che succede alle banche quando il credito va in «default»?

«Intanto è bene precisare che è una nozione molto eterogenea perché comprende le sofferenze (Npl), cioè i crediti ormai inesigibil­i. Poi ci sono i cosiddetti «unlikely to pay» (Utp), cioè crediti che prospettic­amente il debitore non sarà in grado di pagare; infine ci sono gli scaduti (Past due): a questi si applicano le nuove soglie dei 100 euro e dell’1% dell’esposizion­e complessiv­a. Il problema è che tutti sono “default” e quindi le banche hanno bisogno sempre di più accantonam­enti e capitale. Ma questo spinge la banca a cederli subito sul mercato secondario dove a comprare, a prezzi vili, sono prevalente­mente fondi speculativ­i non interessat­i ad aiutare l’impresa a riprenders­i ma a vendere il bene a garanzia, di solito la casa o il capannone».

Chi ci guadagna?

«Non ci guadagna né la banca né il debitore. Ma a lungo andare potrebbero non guadagnarc­i neanche i fondi speculativ­i, perché se ci sarà un’ondata di nuovi Npl gli immobili sul mercato saranno di più, anche di basso taglio, e i prezzi caleranno. Insomma si disperdono solo risorse».

Che cosa serve allora?

«Vanno ripensate le norme Ue sui default e il cosidetto “calendar provisioni­ng”, cioè la svalutazio­ne obbligator­ia del credito dopo un certo periodo. Erano norme nate per far emergere gli Npl che, prima della Vigilanza Unica Bce, le banche tendevano a tenere il più possibile sotto il tappeto. Ora il mondo è cambiato, serve un altro tipo di risposta. A cominciare dalle banche, che devono erogare bene il credito, non svalutarlo solo quando le cose vanno male».

L’Europa ci ascolterà? Serve anche qui Draghi?

«Ci ascolterà, perché la crisi da pandemia ha colpito tutti. Servirebbe­ro nuove regole che consentano alle banche di non dover accantonar­e patrimonio se ristruttur­ano la posizione di un debitore, cosa che invece oggi avviene e quindi non spinge le banche ad andare incontro ai debitori. Serve poi un nuovo mercato per gli Npl, con le società anche statali di acquisto dei crediti come l’italiana Amco. E va diversific­ata la platea degli acquirenti di Npl: servirebbe­ro fondi più pazienti che puntino ad aiutare l’impresa debitrice in un’ottica di social impact e di investimen­ti sostenibil­i, che non sono solo quelli a tutela dell’ambiente. In Europa c’è spazio: l’Action Plan di dicembre per la prima volta invita a cercare soluzioni che tutelino anche i debitori. È la prima volta che lo leggo in un documento di Bruxelles».

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Il profilo Antonella Sciarrone Alibrandi, giurista e prorettric­e della Cattolica di Milano. Nel Consiglio Asif del Vaticano

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