Corriere della Sera

Norme cervelloti­che Brignone non ci sta «Una gara ingiusta»

- di Flavio Vanetti

Una giornata bestiale. Segnata, oltre che dall’oro di Marta Bassino, dalle figuracce della Fis, dalla farsa di un titolo assegnato ex aequo 30 minuti dopo la fine della gara (in seguito alle sacrosante proteste degli austriaci) e dall’incavolatu­ra di tanti, ma prima di tutto di Federica Brignone: «Benvenuti nella gara più ingiusta e assurda dell’anno. Io sono nera. Scusatemi, è arrivata una medaglia d’oro bellissima ma non ho ancora finito di lamentarmi» sbotta Fede liberando parole e parolacce (giustifica­te) e una rabbia che domani nel gigante speriamo si trasformi in forza positiva.

Per capire il suo sfogo serve addentrars­i in norme cervelloti­che, situazione aggravata delle scelte dei federales che solo due giorni fa hanno annunciato il format con manche secca nelle qualificaz­ioni del mattino, tra l’altro alle Cinque Torri e non a Cortina (un’altra follia, giustifica­bile solo con il timore che il fondo della pista delle finali al Rumerlo non tenesse), senza aggiornare il regolament­o rispetto all’unica prova disputata nella Coppa del Mondo, lo scorso novembre. Ma la credibilit­à del povero parallelo, al debutto iridato, è stata presa a sassate dalla disparità tra le due piste. Stavolta quella rossa dava un netto vantaggio, con una sfumatura sadica: per scelta della giuria, nella prima discesa partiva sulla blu chi aveva il peggior tempo di qualificaz­ione. Uno svantaggio? No, perché poteva prendersel­a comoda e perfino saltare, tanto per regolament­o la massima penalizzaz­ione in gara 1 è di 5 decimi, scarto rimontabil­e, a maggior ragione se in gara 2 sei su un percorso migliore. Dettaglio non trascurabi­le: alla fine non si tiene conto della somma dei tempi (la Liensberge­r avrebbe vinto per 68 centesimi...), ma del tempo del secondo run. Se è identico, nei quarti e in semifinale viene promosso chi è in rimonta; ma nelle finali si assegnano due medaglie.

E qui si torna alla Federica furiosa: «Una gara così non l’avevo mai vista: la più ingiusta della mia vita. Un parallelo devi disegnarlo diritto, non puoi farlo girare. Chi perde la prima manche prende al massimo mezzo secondo, ma poi nella seconda può infliggere anche 7-8 decimi e quelli vengono contabiliz­zati. Qui è stato decisivo, basta vedere che cosa è capitato tra i maschi a Meillard contro Zubcic. È successo anche a me? Sì (nel quarto contro Bassino, ndr), ma anche a tante altre e a tanti altri. Ci giocavamo le medaglie, eravamo a un Mondiale e invece in mondovisio­ne è andata una gara di m...: non è giusto. E mi spiace perché chi faceva la prima manche sulla blu aveva virtualmen­te vinto. Quindi, vaffa…».

Un attimo per rifiatare e poi lo show finale: «Se la pista gira in modo tanto diverso, non puoi farci un parallelo: questa cosa mi sta sulle palle. Sono inferocita e non so se mi passerà». Difficile dare torto a Federica. Il buffo è che è scontento perfino chi ha avuto l’oro ex aequo. L’Austria, infatti, non avrebbe mai pensato di dover sbraitare per veder rispettate le norme e Liensberge­r ha ammesso «di essere frastornat­a nel momento in cui accarezzo un sogno».

È stata la Caporetto della Fis, che per le finali non ha nemmeno sistemato il software del tabellone di gara. Così è rimasto tarato sui turni precedenti e per mezz’ora l’oro era uno. Poi, per magia, è diventato doppio.

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