Multe per 733 milioni «I rider vanno assunti»
Le società di delivery devono regolarizzarne 60 mila
Sessantamila rider da regolarizzare. I pm di Milano hanno indagato i rappresentanti delle quattro principali aziende di delivery ai quali sono state contestate ammende per 733 milioni. Hanno 90 giorni per assumere tutti i lavoratori. Il procuratore Greco: «Non sono schiavi, ma cittadini».
Rischiano la vita correndo come forsennati in bici o in moto per portare il pranzo o la cena a chi se ne sta comodamente in ufficio o a casa. Sono i 60.511 i rider che fino ad oggi hanno sfidato il traffico delle città a loro rischio e pericolo ma che ora dovranno essere assunti con un contratto che garantisca le tutele antinfortunistiche e previdenziali. È la conseguenza rivoluzionaria di un’inchiesta della Procura di Milano che ha indagato sei rappresentati delle quattro principali aziende di consegne riscrivendo le regole di un settore cresciuto in modo esponenziale con la pandemia.
Foodinho-Glovo srl, Uber Eats Italy srl, Just Eat Italy srl e Deliveroo Italy srl hanno 90 giorni per adeguare i rapporti di lavoro alle prescrizioni della Procura per poi poter pagare ammende per un totale di 733 milioni di euro, altrimenti finiranno sotto processo con il rischio, in caso di condanna, che i loro manager subiscano una sanzione 4 volte superiore o siano arrestati.
Lavoro a cottimo
Pagati in media circa 4 euro a consegna, più viaggi fanno più i rider vengono selezionati dall’algoritmo che governa le piattaforme e quindi più guadagnano. «In sostanza, lavorano a cottimo, cosa vietata dalla legge» afferma un investigatore. Di solito sono legati alle aziende da un rapporto di lavoro autonomo di tipo occasionale che non prevede la copertura da parte delle imprese di contributi, ferie, malattia, infortuni e di qualunque altra tutela. Se al Nord prevalgono stranieri immigrati con regolare permesso di soggiorno, al
Sud sono gli italiani la maggioranza. «Un trattamento di lavoro che nega sistematicamente al lavoratore un complesso di diritti e il futuro», dice il procuratore Francesco Greco illustrando l’indagine del sostituto Maura Ripamonti, coordinata dall’aggiunto Tiziana Siciliano. «Non è più tempo di dire che sono schiavi, ma di dire che sono cittadini», aggiunge Greco puntualizzando che «il nostro non è un approccio morale al tema, ma giuridico».
Indagini a tappeto
L’inchiesta comincia nel 2019 dopo che a Milano alcuni rider erano stati vittime di incidenti stradali. Un controllo a campione su 30 fattorini aveva fatto emergere le prime irregolarità. Tocca ai carabinieri del Gruppo per la tutela del lavoro di Milano, comandati dal colonnello Antonino Bolognani, approfondire la situazione in collaborazione con i comandi territoriali dell’Arma, Polizia locale, Inail, Ispettorato del lavoro, Inps e Ats. I militari «intervistano» nello stesso giorno mille rider in tutta Italia e contemporaneamente, poi si passa all’esame della posizione di tutti i 60 mila fattorini delle quattro società che risultano nella stragrande maggioranza legati da contratti di lavoro di tipo occasionale. Dalle indagini, invece, emerge tutta un’altra storia. «Sono lavoratori inseriti stabilmente nel ciclo produttivo delle imprese le quali coordinano le loro attività a distanza attraverso un’applicazione negli smartphone», spiega Bolognani. Secondo
gli investigatori, il sistema lega a sé i rider costringendoli ad accettare e a chiudere tutti gli ordini nel più breve tempo possibile in modo da salire in classifica ed avere così affidate altre commesse.
«Non si può andare in ferie, non ci si può ammalare e se succede il rider cede lo smartphone ad un’altra persona che lo sostituisce anonimamente. È una pressione continua», dice Siciliano, aggiungendo che «l’indagine si è imposta da sé di fronte ad un fenomeno in cui gli operatori rappresentano l’anello fondamentale senza il quale le imprese non possono funzionare». Questo obbliga le aziende, dicono i pm, a tutelare la salute dei lavoratori attraverso la formazione, la valutazione dei rischi e la fornitura di strumenti di lavoro, bici e abbigliamento, adeguati.
Violazioni fiscali
C’è anche un secondo filone investigativo, affidato alla Guardia di Finanza di Milano, sulle violazioni fiscali. Parte dall’ipotesi di «Stabile organizzazione occulta», che si configura quando un’azienda che ha sede all’estero opera in Italia con una struttura che al fisco non risulta esistere.