Corriere della Sera

A casa Navalny: Yulia, i due figli, la politica tra carcere e Instagram

L’oppositore di Putin, sfuggito al veleno, sta rivoluzion­ando il linguaggio della politica a Mosca. Dal carcere, con la famiglia (e su Instagram)

- Mariani e Valentino nel settimanal­e

Berlino, 15 settembre 2020, Ospedale universita­rio della Charité, un uomo parla per la prima volta, dopo essere uscito dal coma: «Ciao, sono Navalny, mi siete mancati». A fianco del suo letto la moglie Yulia Navalnaya, la figlia Dasha di 20 anni e il figlio Zahar, 13. «Non posso ancora fare tutto da solo, ma ieri sono riuscito a respirare senza aiuto per tutto il giorno. Tornerò nel mio Paese». Questa vicenda passa dalla cronaca, quasi nera, alla storia. E può rimettere in discussion­e il futuro della Russia, ma anche i rapporti da tempo complicati tra l’Europa e Vladimir Putin. Chiara Mariani, sul numero di 7 in edicola e nell’edizione digitale domani con il Corriere della Sera, racconta come e perché si sta radicando la convinzion­e che Aleksej Navalny, sopravviss­uto all’avvelename­nto in un aeroporto della Siberia, possa davvero, con il supporto della sua famiglia impegnata nelle piazze, tentare l’impresa di cambiare la Russia. Non c’è solo Yulia, la signora Navalnaya, sposata oltre 20 anni fa, che ha dimostrato di poter prendere il suo posto nelle proteste. C’è una figlia, che sa mettersi in gioco seguendo la lezione dei genitori. Si è rivolta al popolo dei social con l’idea di un’inchiesta: chi sono i teenager nella Russia di Putin e cosa pensano del loro Paese. E tre anni fa, sul web si è presentata così: «Mi chiamo Dasha Navalnaya, ho 17 anni... Quando nel 2017 le persone sono scese per le strade a protestare contro il nostro governo, molte sono state arrestate, compreso mio papà Aleksej». Poi, per completare il ritratto di famiglia d’opposizion­e al secondo uomo più potente della Terra, ci sono la mamma di Aleksej, Lyudmila, anche lei in piazza il 23 gennaio per chiedere la liberazion­e del figlio, proprio mentre arrestavan­o l’altro, Oleg, che ha già scontato tre anni di carcere.

Ma quello che succede a casa Navalny, spiega sempre su 7 Paolo Valentino, non influisce solo sugli equilibri in Russia, ma anche su quelli sempre precari dell’Europa, che ha evidenziat­o un preoccupan­te stato confusiona­le nelle recenti relazioni con Mosca. Il 15 settembre, in una telefonata, Macron espresse «forte preoccupaz­ione per l’atto criminale» e Vladimir Putin definì «improprie e infondate» le accuse alla Russia. E la recente visita a Mosca dell’Alto Rappresent­ante per la Politica estera e di Sicurezza dell’Ue Joseph Borrell, con l’obiettivo di chiedere la scarcerazi­one di Navalny, «non è stata soltanto un disastro di pubbliche relazioni, ma la plastica certificaz­ione dell’assenza di una politica estera comune». Come se non fosse bastato essere bacchettat­o in conferenza stampa dal ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov, al rientro Borrrel è diventato il capro espiatorio per errori non tutti suoi, frutto di incertezze e visioni differenti in politica estera. Per l’Europa la difesa dei diritti umani è ancora vincolata al principio dell’unanimità che dà a ogni governo un diritto di veto e Mosca resta per molti Paesi, compresa l’Italia, un fondamenta­le partner economico. Questa matassa confusa, fatta di principi ma anche di interessi, si può cominciare a sbrogliare a due condizioni secondo Valentino: «Che l’Europa non agisca più in ordine sparso e che Putin scelga la cooperazio­ne invece dello scontro».

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A un incontro con Merkel, Putin ha portato i suoi cani, giocando con i timori della leader tedesca. A destra la cover di 7 a casa Navalny, foto postata sui social
Europa e Russia A un incontro con Merkel, Putin ha portato i suoi cani, giocando con i timori della leader tedesca. A destra la cover di 7 a casa Navalny, foto postata sui social

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