Corriere della Sera

Il rosso di troppo ma anche la colpa di essere stata ferma a guardare

- di Mario Sconcerti

Èstata una partita di sofferenza comune. Per l’Atalanta, perché ha giocato senza il suo regista per quasi tutto il tempo. Per il Real che è l’ombra di se stesso e gioca come un vecchio imperatore obeso, con lo sguardo sempre rivolto al giudice in cerca di un favore qualunque. Sofferenza anche per lo spettatore coinvolto in un capriccio dell’arbitro e in una partita quasi innaturale, generosa e modesta, condannata da subito al poco che ha dato. Il Real ha segnato nel finale con il primo tiro in porta. Per quello che c’è stato ha fatto il suo, è stato anche migliore ma dentro un calcio finito, lontano, visibilmen­te sterile. Non giudico la storia o la rosa del Real, giudico il Real di Bergamo. È difficile di conseguenz­a anche giudicare l’Atalanta. Ha giocato in dieci, ma non ha fatto un tiro in porta, ha passato poche volte la metà campo, è rimasta sempre dentro il palleggio del Real. È possibile che l’assenza improvvisa di Freuler l’abbia condiziona­ta molto, ma non ha mai giocato davvero la partita, ha sempre subito il fascino dell’avversario, guardandol­o da lontano. Aveva il diritto di subire, non con quella costanza. Soffocare nell’abbraccio l’avversario, è stato il vero merito del Real. Il gol fa quasi rabbia, il primo tiro nello specchio della porta, uno schiaffo alla noia che per tutta la gara ha portato avanti. Per tenere il pallone serve qualità, ma il Real di adesso gioca per guardarsi. Ha un grande allenatore non una grande squadra. Non salta l’uomo e non tira in porta. Per questo viene da pensare che anche in dieci l’Atalanta abbia giocato male, abbia perso la sua natura, si sia lasciata condiziona­re. L’espulsione non c’era. Freuler ha colpa

perché è entrato duro su un avversario che era quasi solo davanti all’area. Ma non era un ultimo uomo e l’altro stava spostandos­i verso l’esterno. Non era da cartellino rosso. Ma non si può coprire il non senso della partita solo con questo. Si è rimasti così lontani dal calcio dell’Atalanta da far pensare non sia successo niente, che tutto possa ricomincia­re. Come un piccolo infortunio della mente, un prezzo pagato alla soggezione e a un cattivo arbitro. L’Atalanta può ancora passare il turno. Deve però ritrovare la sua corsa e la sua disinvoltu­ra leggendari­a. Pensare troppo, usare i piccoli mezzi del calcio, non sono il suo mestiere.

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Josip Ilicic, 33 anni, sostituito da subentrato
(LaPresse) Caso Josip Ilicic, 33 anni, sostituito da subentrato

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