L’addio a Luca e Vittorio: «Sono stati uccisi da una violenza stupida»
Le autorità ai funerali di Stato di Attanasio e Iacovacci
Ifunerali hanno ritmi lenti, ma in certi momenti possono portare velocemente il pensiero in altri tempi e altri luoghi. Vicino alla Fontana delle Naiadi, ieri a Roma, le autorità che si raccoglievano davanti ai bagagliai aperti delle auto con le bare dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci sembravano una versione ordinata dell’affacciarsi attonito di autorità e funzionari dietro alla Renault 4 nella quale, il 9 maggio del 1978, giaceva in via Caetani martoriato il corpo di Aldo Moro.
In questo caso casse rivestite di bandiere tricolori coprivano due uomini dello Stato ai quali lunedì scorso, nella Repubblica democratica del Congo, per moventi ancora non del tutto noti erano stati inflitti supplizi più veloci, ma non meno ingiusti, di quello che le Brigate rosse riservarono allo statista rapito.
«Funerali di Stato» è definizione che pare irreggimentare sofferenze, stirarle secondo un protocollo rituale. È vero in parte, non per intero. Tratteneva la commozione con disciplina, eppure si sentiva che dietro alla sua voce c’era un uomo autentico l’appuntato che nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri ha letto la Preghiera del Carabiniere. Si chiama Salvatore Di Giacomo. Si è offerto di sostituire Iacovacci a Kinshasa e vigilare in Congo sull’ambasciatore che prenderà il posto di Attanasio. Sul viso dell’appuntato le lacrime si stavano affacciando. L’autocontrollo le ha respinte indietro. Ad ascoltare la messa c’erano nelle prime file la moglie di Attanasio, Zakia Seddiki, la donna che avrebbe dovuto sposare Iacovacci tra breve, Domenica Benedetto, e alte cariche della Repubblica Italiana: la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati in rappresentanza di Sergio Mattarella, assente a causa di un disturbo vestibolare, il presidente della Camera Roberto Fico, il presidente del Consiglio Mario Draghi. Ministri, tra i quali Luigi Di Maio, Esteri, e Lorenzo Guerini, Difesa. Il comandante generale dell’Arma Teo Luzi. Nell’incrociarsi di due categorie, diplomazia e militari, in passato solo maschili, ministre, carabiniere, le segretarie generali del Senato Elisabetta Serafin, della Camera Lucia Pagano, della Farnesina Elisabetta Belloni.
«Presentat arm!». Marcia funebre di Chopin. Onori ai caduti da parte di un picchetto militare. Così erano cominciati questi funerali di Stato che trovavano chi rappresentava lo Stato in una condizione tutt’altro che ordinaria. Da un lato il varo di un governo con maggioranza ampia, in una legislatura che pur avendo riservato due formule inedite in precedenza aveva escluso l’attuale. Dall’altro tre lutti oltre ai tanti dovuti al Covid-19: un ambasciatore ucciso in una parte di Africa che cercava di aiutare, un carabiniere morto con lui, un uomo delle istituzioni — quale era stato Antonio Catricalà — vittima mercoledì a Roma delle contraddizioni della vita che possono portare un’esistenza a eliminare se stessa.
«Luca, Vittorio e Mustapha sono stati strappati a questo mondo dagli artigli di una violenza stupida e feroce», ha messo in evidenza nell’omelia il cardinale Angelo De Donatis, vicario del Papa per Roma. Mustapha Milanbo era l’autista dell’auto con Attanasio attaccata in Congo. «Vi sono ancora — ha continuato il prelato — troppi cuori di uomini che, invaghiti dal denaro e dal potere, tramano la morte del fratello (...). Vengono in mente le parole di rammarico di Gesù: “Se trattano così il legno verde, che ne sarà di quello secco?”. Se questa è la fine degli operatori di pace, che ne sarà di tutti noi? (...). La violenza sta tornando di moda in ogni ambiente e latitudine. (...). Spesso si annida nel fondo dell’anima e si camuffa da insensibilità. Occorre smascherare il germe».
Come esempio da seguire, sulla base delle letture della messa, il cardinale ha indicato la regina Ester, figlia di ebrei che si assunse il rischio di denunciare Aman, il quale «odiava i giudei e tramò presso il re mentendo sulla loro fedeltà alle leggi (...) Ester non domanda a Dio di intervenire, ma chiede il coraggio necessario per agire». Secondo il cardinale, come facevano Attanasio e Iacovacci in aiuto del Congo.
Le compagne In prima fila la moglie del diplomatico, Zakia, e la fidanzata del carabiniere, Domenica