Le vendette di Carey
«Nel film le violenze impunite contro le ragazze Spesso lo stupratore ha il volto dell’amico fidato»
Domenica prossima verranno svelati i vincitori dei Golden Globes e Carey Mulligan è in pole position per la vittoria. È candidata fra le migliori attrici drammatiche per il thriller
Una donna promettente, in arrivo in Italia. Un primo passo sulla strada che porta agli Oscar. Poche le riserve nei confronti dell’attrice inglese, la cui carriera è iniziata nel 2005 con Orgoglio e Pregiudizio di Joe Wright per continuare con An education, Wall Street - Il denaro non dorme
mai di Oliver Stone, Il grande
Gatsby di Baz Luhrmann. Trentacinque anni, di Westminster, Londra, Carey Mulligan raramente sbaglia un colpo. «Scelgo di pancia. Leggo un copione e vado dietro alla mia prima impressione, non mi sono mai pentita delle scelte fatte in questa maniera». Una donna promettente prende spunto da un fatto di cronaca — il caso di Brock Turner, studente della Stanford University condannato per violenza sessuale nel 2016 — per raccontare una realtà ricorrente, purtroppo: quella delle tante giovani donne molestate e spesso violentate nell’ambiente dei college universitari, durante le numerose serate a base di alcool. Il film, debutto alla regia per Emerald Fennell, vede protagonista Cassie Thomas (Mulligan), una giovane donna che abbandona la facoltà di Medicina a causa di un tragico evento. La sua migliore amica, Nina, è stata violentata da un altro studente ma né l’istituto né la legge hanno punito il giovane. Cassie si prende cura di Nina e quando non riesce ad evitarne il suicidio, decide di vendicarsi.
Nella realtà Turner, nonostante la condanna per violenza fu definito dalla stampa «un giovane promettente» e il titolo del film gioca attorno a questo paradosso, che è il carnefice e non la vittima a essere considerato «promettente». «Purtroppo si tratta di una storia comune a moltissime donne — riprende l’attrice —. Spesso il mostro ha le sembianze del compagno di università di cui ti fidi, del bravo ragazzo che ti vede in difficoltà per aver bevuto un po’ troppo e che, con la scusa di darti una mano, ti fa cadere nella sua trappola». Un libro sull’argomento ha aiutato l’attrice a prepararsi. «Si intitola Missoula: Rape and the Justice System in a College Town, di John Krakauer. Purtroppo si tratta di una cultura nella quale noi anglosassoni siamo cresciuti dentro. Questo film è stato descritto come il racconto di una vendetta ma in realtà per me si tratta di sopravvivenza, di come una donna decide di affrontare un trauma. La violenza di Cassie è soprattutto psicologica e quindi molto più efficace. Perché mette in luce la falsità dei carnefici, le bugie che dicono anche a sé stessi». Spesso però non è una prerogativa degli uomini: «Le donne sminuiscono l’accaduto. Che cosa sei costretta a dimenticare, a lasciare correre per sopravvivere nel mondo degli uomini? È una domanda che le donne si pongono anche in maniera inconscia. Ed è parte del problema ma non si può mettere tutto sullo stesso piano».
Una donna promettente è il primo film da produttrice per Mulligan. «Il ruolo mi ha permesso di essere coinvolta nei processi decisionali, anche se mi sono affidata completamente a Emerald e alla sua visione». E la candidatura all’Oscar? «Ogni tanto ci penso,
Gli Oscar
Mi fa piacere che già a Hollywood si parli di una mia nomination ma cerco di non pensarci
fantastico un po’ e poi scaccio il pensiero. Quello che però mi piace dei premi è il fatto che sono capaci di dare visibilità ai progetti indipendenti, quelli che amo di più».
L’attrice è anche su Netflix con La nave sepolta, accanto a Ralph Fiennes, storia vera dell’archeologo Basil Brown che agli inizi della Seconda Guerra Mondiale scoprì i tesori vichinghi di Sutton Hoo, nelle campagne del Suffolk inglese. «Una storia affascinante che mi ha portato a comprare un metaldetector per scoprire tesori nascosti. Non ho trovato nulla».