Lo stilista-danzatore e gli abiti per corpi in movimento
Il debutto di Alessandro Vigilante: «Mi ispiro al coreografo Merce Cunningham e a Pina Bausch»
Èl’incastro perfetto tra due mondi, quello della moda e quello della danza, la grande sfida di Alessandro Vigilante. Lo stilista, ex ballerino professionista di origini pugliesi, dopo una lunga esperienza nel fashion che passa da Dolce & Gabbana a Gucci, fino al progetto Philosophy di Lorenzo Serafini, ha debuttato con la sua prima collezione Atto I. «Non si tratta di un racconto sulla danza in senso letterale — osserva Vigilante — ma piuttosto di una presenza sussurrata che richiama ai contenuti che appartengono a un serbatoio di risorse che mi porto dietro».
«Dopo tanti anni — continua — ho voluto riscoprire le forme, così come la tensione erotica del corpo in movimento e la consapevolezza della propria fisicità. Mi piaceva l’idea di creare una tensione tra la perfezione sartoriale e la carica emotiva, esplorando le possibilità infinite dei tessuti attraverso scomposizioni, sottrazioni e aggiunte che coprono e ricoprono la pelle come fossero finestre sul corpo. Un modo per svelare il lato più deciso, ma anche più intimo della femminilità. A cominciare dalle schiene che amo incorniciare sia per creare il desiderio, sia per la loro capacità unica di raccontare delle storie: dalle ferite alla disciplina».
Vigilante si ispira a due giganti della danza, diversissimi tra loro ma complementari per il lavoro dello stilista, come Merce Cunningham e Pina Bausch. «Per la mia collezione avevo bisogno di entrambi i loro contributi: sia degli studi sul movimento del coreografo statunitense sia della poetica e dell’umanità della Bausch, alla quale tra l’altro ho anche dedicato alcuni pezzi di Atto I come la giacca oversize e il cappotto con le maniche effetto cappa». Non mancano nella collezione di Vigilante (che tra i suoi fan vanta già alcune star nostrane come Damiano dei Måneskin, Elodie, Elisa e Greta Ferro) le trasparenze velate e gli spacchi profondi. Decisiva la scelta dei tessuti: dalle fibre naturali a quelli della tradizione come il jersey, passando per le confortevoli lane maschili alla georgette di seta fino alle superfici alternative come il lattice e la rete elastica effetto guaina. «Penso agli abiti come ad una seconda pelle. Per questo in futuro mi piacerebbe moltissimo lavorare con delle compagnie di danza, intrecciando il linguaggio della mia moda con quello degli spettacoli».