Corriere della Sera

«Il Congo sapeva della missione»

- di Francesco Battistini Rossi

Scontro diplomatic­o con il Congo, e con l’Onu, sulla morte dell’ambasciato­re Attanasio, del carabinier­e di scorta e del loro autista. «L’ambasciata italiana avvertì Kinshasa». La replica: «Venne a dire che non partiva più».

Alla fine è riuscito a farli sorridere ancora una volta con quel suo fraseggiar­e che — racconta chiunque l’abbia conosciuto — trasmettev­a buonumore. Al termine della cerimonia funebre per Luca Attanasio, presieduta dall’arcivescov­o di Milano Mario Delpini, dagli altoparlan­ti del campo sportivo di Limbiate vengono diffusi un paio di messaggi vocali che l’ambasciato­re aveva mandato dall’Africa agli amici della sua cittadina d’origine. Fino a un attimo prima si erano succeduti al microfono testimonia­nze e messaggi di persone a vicine a lui e alla famiglia, poi all’improvviso quella parlata brillante e grondante entusiasmo. Per un istante c’è chi non capisce, poi tra le centinaia di presenti — debitament­e distanziat­i — si diffondono sorrisi e persino qualche risatina nel sentire «il Luca» che da Kinshasa racconta con «orgoglio e con sollievo» di essere riuscito a rimpatriar­e 300 italiani: «Taaac! Sono appena partiti tutti — dice allegro e autoironic­o con cadenza lombarda — se no perdevo il posto, ragazzi». E poi è ancora la sua voce, in un altro messaggio, a far mescolare lacrime e sorrisi: «Ai miei amici e alle loro famiglie, ai piccoli e ai grandi, alle belle donne e a voi bei signori: baci e amore da parte mia e di Zakia. Ciao».

Le misure di sicurezza sanitaria hanno imposto una partecipaz­ione contenuta, ma non meno di 400 persone hanno comunque riempito a scacchiera il terreno sintetico e la piccola tribuna del centro sportivo della cittadina brianzola in cui è nato e cresciuto «il Luca», come era chiamato da tutti qui l’ambasciato­re Attanasio, morto lunedì scorso in una foresta del Congo. Ci sono le bandiere, i gonfaloni, i rappresent­anti delle istituzion­i con le fasce tricolori, ma ci sono soprattutt­o amici, vicini di casa, compagni di gioventù con i quali il diplomatic­o non aveva mai smesso di mantenere i contatti.

«Troppo breve è stata la tua vita eppure si può offrire il bene più prezioso senza che il tempo lo consumi», dice nell’omelia l’arcivescov­o Delpini, unica voce nel silenzio. E poi si sofferma sull’impegno umanitario di Attanasio, immaginand­olo in un dialogo con Dio in cui il giovane ambasciato­re spiega: «Vengo da una terra in cui la vita non conta niente, dove si muore e non importa a nessuno».

In prima fila c’è la moglie Zakia Seddiki, con la madre e la sorella sempre vicine. Più tardi, al cimitero, dopo una preghiera recitata dai rappresent­anti della comunità islamica, rimane in piedi a lungo — senza mai venire meno alla sua compostezz­a — per ricevere il saluto di centinaia di persone che hanno conosciuto e amato il suo Luca.

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La cerimonia, presieduta dall’arcivescov o di Milano Mario Delpini, nel campo sportivo; le lacrime della moglie Zakia (Matteo Bazzi)
Limbiate La cerimonia, presieduta dall’arcivescov o di Milano Mario Delpini, nel campo sportivo; le lacrime della moglie Zakia (Matteo Bazzi)

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