Lo scontro sul viaggio di Attanasio «Il Congo era stato informato»
L’ambasciata avvertì Kinshasa. La replica: disse che non partiva. Indagine sulla mancata scorta
Nessuno sapeva niente? Leggete qui. «Ambassade d’Italie. Prot. n: 219. Note verbale…». Diciassette righe che non dicono tutto, ma di sicuro spiegano molto. È il documento che la segreteria di Luca Attanasio inviò al ministero degli Esteri congolese una settimana prima dell’agguato. Per informare le autorità di Kinshasa del viaggio che l’ambasciatore stava per compiere nel Nord Kivu.
La Farnesina lo fa filtrare mentre troppe verità e molti scaricabarile banalizzano, confondono le ultime ore di Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci. Una bugia su tutte: già lunedì scorso, pochi minuti dopo la sparatoria, il governatore della regione Carly Nzanzu Kasivita s’affrettava a dire che nessuno l’aveva informato della missione italiana. E per tutta la settimana, questa è stata la linea: Attanasio era partito senza informare i congolesi.
Invece no: la lettera dell’ambasciata, data 15 febbraio, forniva tutti i dettagli. Chiedendo l’accesso alla saletta vip dell’aeroporto di Ndjili. Dando i nomi dei viaggiatori (con Attanasio e Iacovacci, anche il console Alfredo Russo) e dell’autista di Kinshasa che li avrebbe accompagnati, Floribert Basunga. Indicando date e orari dei voli su Goma. Raccomandando di non toccare il bagaglio diplomatico. E in definitiva chiedendo un’ovvietà — il trattamento riservato a un rappresentante diplomatico — che ora appare semmai una necessità, visti i colpi di kalashnikov che aspettavano Attanasio e i buchi di memoria che scandiscono l’inchiesta.
Nessuno sapeva niente? Sale la nebbia, sui misteri del Virunga. L’imbarazzo dei congolesi è evidente, dopo la fretta nel dare la colpa ai ribelli ruandesi dell’Fdlr. Al documento esibito dall’Italia, l’unica risposta è una debole precisazione del Protocollo di Stato che sostiene (senza fornire documenti) d’avere in realtà ricevuto una visita personale d’Attanasio, lo stesso 15 febbraio «a fine giornata», con l’annuncio che il viaggio a Goma «non ci sarebbe più stato e che sarebbe stata inviata a tal fine una nota» agli stessi funzionari del Protocollo. Ma perché Attanasio avrebbe dovuto cancellare una missione in programma dal 2020? I congolesi sostengono d’essere rimasti «sorpresi», il 22 febbraio, quando seppero dai social dell’assassinio dell’ambasciatore «mentre eravamo ancora in attesa della nota d’annullamento». In ogni caso, precisa Kinshasa, la nota verbale dell’ambasciata italiana parlava solo d’una visita alla comunità italiana a Goma e a Bukavu, non facendo cenno al viaggio verso Rutshuru (in effetti potrebbe avere un senso la testimonianza della moglie dell’ambasciatore, che ha descritto quest’ultima tappa come non di stretta pertinenza diplomatica).
Nessuno sapeva niente? Anche la Farnesina è costretta a dare spiegazioni, a proposito dell’auto blindata che non c’era e della scorta rafforzata che Attanasio aveva domandato per l’ambasciata. Ma gli interrogativi riguardano soprattutto il Programma alimentare mondiale che fa capo all’Onu. L’ambasciatore non passò per la saletta vip dell’aeroporto, ma per quella Onu, e volò con aerei della missione Monusco, si mosse per una loro causa e usò le loro auto: perché il Pam non provvide in modo adeguato a scortarlo? E perché gli diede semaforo verde, su quella strada così pericolosa? C’è il racconto di Rocco Leone, vicedirettore Pam per il Congo, scampato all’assalto.
C’è un’inchiesta interna. E c’è quella della Procura di Roma, che avrà qualche vantaggio interrogando un corpo Onu che proprio a Roma tiene il suo quartier generale. L’indagine ricalca un caso di quattro tecnici italiani rapiti in Libia nel 2015, dicono fonti giudiziarie, quello che portò alla sbarra i vertici dell’azienda per la quale lavoravano, la Bonatti di Parma. Il processo evidenziò negligenze nella sicurezza: se i tecnici fossero stati scortati, il sequestro forse si sarebbe evitato. Uno dei pm d’allora, Sergio Colaiocco, è lo stesso che indaga sulla morte di Attanasio. Chissà se le conclusioni saranno uguali.