Il gran ritorno di Trump dopo l’addio a Washington «Mi riprendo il partito»
Non è solo la conta dei trumpiani. L’ex presidente parlerà oggi sul palco della Cpac, «Conservative political action conference», il raduno annuale della destra repubblicana, in corso a Orlando, in Florida. C’è chi scommette che Donald Trump lancerà la sua candidatura per le presidenziali del 2024; chi, invece, si aspetta un discorso proiettato sulle elezioni di midterm, nel 2022; chi ancora prevede una lunga requisitoria contro la «vittoria rubata» nel 2020.
In ogni caso c’è molta attesa. Un mese dopo aver lasciato la Casa Bianca, Trump torna al centro dell’attenzione nazionale. I fan sono arrivati numerosi. Lo scultore californiano Tommy Zegan ha realizzato una statua dorata del leader: in una mano il preambolo della Costituzione («We the people...»); nell’altra una bacchetta magica sormontata da una stella. Al di là di tante analisi politiche, forse è proprio questa l’immagine migliore che spiega il momento trumpiano.
Subito dopo l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio, Trump era scivolato nell’isolamento. L’establishment repubblicano sembrava pronto a «spurgarlo» dal partito, come diceva il leader dei senatori Mitch McConnell. Ma la platea, l’agenda, le ovazioni di Orlando raccontano un’altra storia. Nelle ultime settimane l’ex presidente non ha mollato la presa sull’apparato e soprattutto sui fondi del partito.
E ora si presenta all’America come una specie di anti-papa, in esilio a Mar-a-Lago, detronizzato non da Joe Biden, l’usurpatore che siede alla Casa Bianca. McConnell non ha partecipato alla convention. Così come non si sono viste le personalità che hanno criticato Trump. Come l’ex ambasciatrice Onu Nikki Haley, né, tantomeno, la numero tre della gerarchia repubblicana alla Camera, Liz Cheney, che votò a favore dell’impeachment. Pesa anche l’assenza dell’ex vice presidente, Mike Pence.
Nella quattro giorni del raduno, da giovedì a oggi, dunque non c’è stato alcun confronto politico. L’agenda degli interventi, dei seminari è ruotata su temi funzionali alla grande bugia trumpiana, il «furto delle elezioni», sconfessata dai tribunali e dagli organi istituzionali di tutto il Paese. La Cpac di quest’anno si è trasformata in un censimento delle forze schierate con l’ex presidente. Ecco i fedelissimi, i pochi superstiti del governo, come l’ex segretario di Stato, Mike Pompeo.
Ecco la pattuglia dei senatori, in cui spiccano tre nomi: Ted Cruz (Texas), Josh Hawley (Missouri) e Tom Cotton (Arkansas). I loro interventi sono stati aspri, a tratti incendiari. Come se i tumulti del 6 gennaio non fossero mai accaduti. Ma, probabilmente, è proprio questo il primo obiettivo: far evaporare il ricordo di quei disordini e le responsabilità del presidente
Il presupposto politico è indicato con franchezza dal senatore della South Carolina Lindsey Graham: «Senza Trump, il partito repubblicano non va da nessuna parte. E in ogni caso oggi l’ex presidente è più dominante di McConnell». È un concetto che vale anche per molti emergenti. Un solo esempio, quello della governatrice del South Dakota, Kristi Noem, 49 anni. A Washington è considerata una delle figure più interessanti per la ricostruzione della cultura politica conservatrice, più attenta alla tradizione liberista che agli eccessi trumpiani.
Ma neanche Noem ha resistito al richiamo dell’anti-papa. Gli organizzatori l’hanno inserita tra gli speaker della Cpac e Donald jr, primogenito dell’ex presidente, ha allestito solo per lei una raccolta fondi nel resort di Mar-a-Lago.
Alla convention della destra repubblicana parlerà per la prima volta da ex presidente