La moglie dell’amico e il caso Boateng «Capisco Kasia, di social si può morire»
La star tv Cathy Hummels: «Ci sono passata anche io»
Cathy Hummels lei è la moglie di Mats, famoso calciatore del Borussia Dortmund, è una conduttrice tv e autrice di un libro di successo «Mein Umweg zum Glück» («La strada più lunga per la felicità»): perché ha ritenuto di intervenire sul caso di Kasia Lenhardt, la modella ex fidanzata di Jerome Boateng morta suicida, facendo riferimento al ruolo che hanno avuto i commenti violenti dei social? Suo marito ha giocato con Boateng ma lei non era amica di Kasia, perché pensa sia andata così?
«In passato sono stata colpita da questo fenomeno perché mio marito è un calciatore molto conosciuto e io sono un personaggio pubblico. Sono caduta in una depressione grave: so bene come ci si sente quando si tocca il fondo. L’ho raccontato nel libro. Quando sono venuta a sapere della morte di Kasia, mi ha colto una tristezza profonda. Ho pensato a come doveva essere stata disperata per farsi ferire dall’odio sui social. Mi ha spezzato il cuore. Ho pensato che la società e i media devono svegliarsi. Le informazioni sono state tendenziose, nessuno era interessato a capire il suo punto di vista. Mi ha reso molto triste e per questo ho voluto attirare l’attenzione sul tema».
Nel dramma di Kasia hanno pesato di più la violenza dei social oppure gli strascichi della tormentata relazione con Boateng? Si è parlato molto del contratto che la vincolava a non rivelare nulla della sua relazione.
«Non vorrei partecipare alle speculazioni. Penso che sia stato un mix, ma al primo posto metto senza dubbio il cyberbullismo. Anche dopo la sua morte, si potevano trovare tanti commenti brutti sull’account di Kasia. Per il resto, so che ci sono contratti simili che vincolano al silenzio. Dopo che lo hai firmato, non puoi più esprimere la tua opinione. Ripeto, penso sia stato un mix: Kasia forse non ha più visto una via d’uscita ed è stata influenzata troppo dai commenti, dalle offese che diventano la tua unica realtà. Si può diventare matti così».
Ma calciatori come Boateng hanno davvero bisogno di contratti simili?
«Capisco che i calciatori li stipulino: è capitato spesso che informazioni private siano state vendute alla stampa. Nessuno vuole leggere particolari della propria vita privata sui media. Ma non dovrebbero essere unilaterali».
Lei vuole diventare una sorta di portavoce delle altre mogli e fidanzate di calciatori? È in contatto con loro?
«Non vorrei essere solo la loro portavoce ma quella di tutte le donne che sono colpite da queste offese, che cadono in depressione e arrivano persino a pensare al suicidio. Ci sono passata, so di cosa parlo. Quando la psiche è debole, non distingue più la realtà dalla finzione dei social: alla fine le offese diventano l’unica realtà, soprattutto per le più giovani. Vorrei essere un punto di riferimento per tutte quelle che non vedono una soluzione. Io ce l’ho fatta perché sono stata coraggiosa: ho seguito una terapia».
Le ragazze si rendono conto di cosa comporta avere una relazione con un calciatore? O accettano tutto per avere popolarità?
«Non si può generalizzare. Ci sono ragazze che vogliono diventare fidanzate di un calciatore, certo. Ma quando t’innamori di un uomo, non t’importa se è famoso. Se però una ragazza si fidanza con un calciatore, deve sapere che sarà automaticamente osservata e giudicata. Bisogna passarci, prima non lo sai gestire. Poi ci sono mogli e fidanzate che evitano ogni esposizione e non hanno neanche un account su Instagram».
Il calcio sembra ancora un mondo a parte...
«Il mondo del calcio è come quello del cinema, della musica, dello spettacolo. Come personaggio pubblico devi accettare che ci sono persone che non ti vogliono bene. Si deve trovare il modo di amarsi lo stesso. Sui social in tanti sbagliano il tono e pensano che si possa scrivere di tutto perché si ha a che fare con un personaggio pubblico. Non va bene».
Perché crede di essere attaccata dagli hater quando pubblica una sua foto?
«Dovete chiederlo a chi scrive. Ci sta che uno scriva “non mi piace la foto” ma qui parliamo di bodyshaming. Io continuerò a pubblicare fotografie: sono contenta di come sono. Tutti dovrebbero farlo, accettandosi».
Una cosa che direbbe ai cyberbulli?
«Quando si punta un dito contro un altro, si puntano tre dita contro se stessi. Perché quando uno è contento di sé, non ha bisogno di offendere nessuno».
Il corto circuito
Kasia forse è stata influenzata troppo dalle offese che diventano la tua unica realtà