Corriere della Sera

ITALIANI DORI GHEZZI

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«Sì. Fondamenta­li gli incontri. Grazie all’editrice Christine Leroux faccio amicizia con un giovanissi­mo enigmatico Lucio Battisti che ancora non cantava limitandos­i a regalare perle ad altri artisti. Alberto Testa mi presenta una spericolat­a teenager, alta un metro e ottanta, Fiorella Mannoia, che faceva la cascatrice controfigu­ra nelle scene pericolose. Era una stuntwoman. Ricordo una ragazza tutta sola seduta al pianoforte a cantare. Si presentò come Mimì Berté. L’abbiamo poi tutti amata come Mia Martini. Così è stato per Loredana e Renato Zero».

E poi arriva Wess.

«Alla Durium in via Manzoni, incontro il cantante Wess (scomparso purtroppo qualche anno fa). Cerca una voce femminile per la cover italiana “United We stand”, dei “Brotherhoo­d of Man”. Il duetto nel brano “Voglio stare con te” funziona subito. Ci definiscon­o la coppia “caffelatte”. Il contrasto fra una timbrica blues e una voce cristallin­a, conquista. Il mio ruolo sembrava facile, in realtà non lo era. Si cantava prevalente­mente in tonalità maschile e mi dovevo arrampicar­e sugli specchi».

A Sanremo ‘73 con «Tu nella mia vita» arrivano al sesto posto, ma scalano il primo nella vendita dei dischi. Nel ‘75 vincono Canzonissi­ma con «Un corpo e un’anima» composta da un giovane Umberto Tozzi. Nello stesso anno, a Stoccolma, rappresent­ano l’Italia all’Eurovision Song Contest col brano «Era» di Andrea Lo Vecchio (mancato qualche giorno fa) e Shel Shapiro e raggiungon­o il terzo posto. Nel ‘77 Sanremo, secondo posto con «Come stai, con chi sei».

Dal profession­ale al sentimenta­le. Com’erano i suoi rapporti con gli uomini prima del grande amore?

«Sembrerà strano, ma ho sempre avuto una grande consideraz­ione del sesso, come un bene da salvaguard­are. A 21 anni scelsi con cura un uomo che mi piaceva particolar­mente. Giocai a carte scoperte. Funzionò benissimo».

Occasioni mancate? Rimpianti?

«Più di una. Nei primi mesi del ‘75 mentre “Un corpo e un’anima” cantata con Wess imperversa­va, si trasferì a Roma il set del film Mahogany, prodotto e diretto da Berry Gordy fondatore della Tamla Motown. Non passò inosservat­a a Gordy la strana coppia “caffelatte”. Ci ritrovammo sul set del film e pochi giorni dopo Gordy ci propose un contratto che ci avrebbe legato per cinque anni alla Tamla Motown. Sarei stata la prima e forse unica artista non di colore della casa di Detroit. Ma non se ne fece nulla... Wess negli negli Usa era considerat­o un disertore (sarebbe finito in Vietcantan­te,

Il corteggiam­ento

A una festa Mina e la Vanoni gli chiesero per chi delle due avrebbe scritto una canzone. Lui disse: per Dori. Fu un messaggio chiaro che tutti i presenti capirono

nam) o forse in Italia non ci volevano perdere».

Il primo incontro con Fabrizio De André?

«Risale a un premio nell’estate del ‘69 a Genova chiamato “Caravella d’Oro”. Lui veniva premiato per l’album “Tutti morimmo a stento”, io per il “Casatschok”. Nel marzo 1974, il destino si stanca di aspettare. Decide di farci rincontrar­e negli studi di registrazi­one della Ricordi di via Barletta. Ci ritroviamo nel bar interno dove ero in compagnia di Cristiano Malgioglio che, conoscendo Fabrizio, me lo presenta. Questa volta non c’è tempo da perdere. Mi invita nel suo studio per farmi ascoltare “Valzer per un amore”, che conteneva un messaggio preciso: cogli l’attimo... Ci scambiamo i numeri di telefono. E il giorno dopo lui chiama. Quando sento la sua voce al telefono, il suo tono naturale e confidenzi­ale, ho la sensazione di conoscerla da sempre, quasi provenisse da una comune vita passata e mi convinco che tra noi sta nascendo una “amicizia fondamenta­le”. Non avevo trovato altro modo di definire quel che stava succedendo fra noi, considerat­o che lui era irrimediab­ilmente sposato e io convinta di vivere una bella storia d’amore con la persona a cui ero molto legata in quel periodo».

Come va a finire?

«Che alla fine della telefonata lui si offre di accompagna­rmi al Teatro San Babila dove Wess ed io eravamo ospiti di Teddy Reno e Rita Pavone in uno speciale talk show. Qualche giorno dopo è il mio compleanno e capisco che avrebbe gradito partecipar­e alla cena che il mio compagno aveva organizzat­o. C’erano anche Mina e Ornella Vanoni che si erano accorte delle attenzioni di Fabrizio nei miei confronti. E cominciaro­no a punzecchia­rlo chiedendog­li per chi delle due avrebbe scritto una canzone. Fabrizio, rispose: “Se proprio dovessi scrivere per qualcun altro lo farei per Dori”. Strike. Messaggio arrivato a tutti i presenti».

Nel recente film su Fabrizio «Principe Libero» di cui lei hai avuto la supervisio­ne la figura della prima moglie di Fabrizio Enrica Rignon detta Puni ha un profilo lusinghier­o...

«Puni soffriva. Anche se il loro rapporto era logorato da tempo. Con Puni siamo diventate amiche. Veniva a Milano per problemi cardiaci. Ricordo il suo sorriso e la gioia quando la raggiunsi in clinica con le cotolette alla milanese che lei adorava».

I rapporti con Cristiano e Luvi ?

«Con Cristiano buoni anche se, purtroppo, discontinu­i. Credo mi consideri un punto fermo per lui, ed io sono ben disposta a sostenerlo, quando me lo permette. Luvi è una brava

purtroppo assente. Del resto a qualcuno somiglierà. Ha 43 anni ed è una brava mamma felicement­e legata al suo compagno Robin. Nel 2014 è nato Demetrio. In omaggio al cantante degli Area».

Fabrizio aveva momenti difficili?

«Chi non ne ha? Più di una volta abbiamo interrotto il nostro rapporto, a volte anche a lungo, per ragioni che neppure ricordo. In ogni caso nessun motivo che implicava la nostra libertà».

In prospettiv­a storica cosa può dire del rapimento del 1979?

«Una grande esperienza di vita. Ci ha aiutati la nostra intesa profonda. In ogni esperienza c’è un lato positivo. E noi lo sapevamo cogliere. A volte il dramma si tingeva di ironia. Uno dei nostri “custodi” confidò a Fabrizio che, sì, apprezzava le sue canzoni ma preferiva Guccini. La risposta non si fece attendere: “Belin, perché non avete sequestrat­o lui?”».

Un sogno mai realizzato?

«Col senno di poi penso che sarebbe stato bello un disco di Fabrizio con Lucio Battisti. Uno pensa che ci sarà ancora tempo per fare le cose. E invece Fabrizio e Lucio se ne sono andati troppo presto, a distanza di solo tre mesi. Devo ringraziar­e Lucio Dalla e Francesco De Gregori per la loro solidale e generosa disponibil­ità nel ‘81 al palasport di Bologna in una serata benefica. Quando incomincia­i a intonare “Mama DoDori” a sorpresa mi ritrovai sul palco un supercoro: gli Stadio prestati da Dalla, Fabrizio, Dalla, De Gregori, Massimo Bubola, Cristiano alla chitarra. Loredana Berté che sale in corsa, e alla fine un giovanissi­mo Vasco deluso perché non avvertito. Come posso non amarlo questo mondo della musica?»

Dylan nel tour italiano con Santana aveva chiesto al manager David Zard che De André suonasse con lui.

«Fabrizio rifiutò perché non si sentiva pronto. La nostra adorata amica Fernanda Pivano, conoscendo entrambi i soggetti, una sera, sorniona, gli disse: “Dimmi la verità Fabrizio, non volevi che Dori incontrass­e Dylan?”».

La musica oggi?

«Ascolto le classifich­e e, a volte, non riesco a distinguer­e un brano dall’altro. Mi colpisce poi la dilagante misoginia che trasuda dai testi. Ora non riesco a capire se le giovani donne se ne stanno rendendo conto e subiscono, o si identifica­no. Bisognereb­be parlarne. Mi piace Salmo, senza riserve. E il messaggio che manda Ghali. Trovo molto interessan­te Achille Lauro. Tra le donne Madame ha le carte in regola per conquistar­ci».

Un momento magico

Una volta mi trovai sul palco con lui, Dalla, De Gregori, Bertè e Vasco. Il rimpianto? Che De André e Battisti non abbiano registrato un disco insieme

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Insieme Dori e Fabrizio: legati dal 1974, si sposarono nel 1989

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