«La bellezza è la chiave»
Per uscire da un presente difficile e immaginare un futuro migliore. «Mi mostro come sono». E porta allo show un «pezzo» di casa sua
Giorgio Armani al termine della sfilata con il gorilla verde, portato in passerella dal suo salotto
Ma che ci fa un gorilla (verde) sulla passerella (nera) di Giorgio Armani? Il gorilla, naturalmente, cioè una specie in via di estinzione che lo stilista aiuta con il Wwf. E il messaggio è servito con tanto altro, a cominciare dal dettaglio che la riproduzione (alta 1.47 cm e firmata da Marcantonio Raimondi Malerba) si chiama Uri e da anni fa parte dell’arredo del salotto di Armani: «Mettere un elemento di casa mia al centro della scena è indubbiamente un segno di apertura perché tengo molto al dialogo con il mio pubblico. Voglio mostrarmi per
come sono, l’ho fatto in lockdown — con lettere aperte, i messaggi sul murale — e continuo a farlo anche ora».
E attorno a Uri ruotano i due show: «Notturno» per la collezione femminile e «Passaggi» per quella maschile con una connessione: il buio intorno, auspicio per tempi migliori quando il peggio sarà alle spalle. Fissato lo scenario Armani mette mano agli abiti, alla sua maniera, servendosi di quel morbido rigore che gli permette di intervenire sullo stile restando sé stesso. Il «preziosismo della sottrazione», lo definisce lui. Che poi arricchisce con «tocchi gentili». Le nuove giacche e cappotti, per esempio: cambiate le maniche a raglan e impunturati in vita trovano una femminilità armaniana diversa; così come nelle versione maschile, rinunciando a un pizzico di marzialità in favore della morbidezza, si fanno avvolgenti e dolci. Blazer più lungi per lei e svuotati come camice per lui. I velluti neri (completi, abiti, blouson) di solito suggeriti per la sera, conquistano il giorno delle donne che lavorano con bagliori o pennellate. La concessione all’uomo sono patchwork e geometrici e l’invito a mescolarli con maglie o camicie.
Mai un cenno di disequilibrio nei passaggi: «Sottrarre è sempre un’impresa difficile, ma a me riesce sempre perché segue una spinta naturale e un innato bisogno di equilibrio estetico che mi permette di mescolare elementi e decorazioni, anche aggiungendo, senza mai superare una certa soglia.
Non c’è una formula, lo faccio da più di quarant’anni ormai con naturalezza». Due sfilate, un’energia creativa inesauribili, malgrado i tempi: «I miei sentimenti verso il lavoro sono di attaccamento, di passione e di dedizione, da sempre. Sento di poter aiutare le persone a uscire da questo momento difficile: la bellezza è una delle chiavi per un futuro migliore». Nostalgia del «live»? «Le sfilate registrate risultano inevitabilmente fredde, perché manca l’elemento inatteso, la presenza emozionale. Certo live, anche senza pubblico, sarebbero una soluzione migliore, ma credo che realizzare un’intera Fashion Week sarebbe complicato per i tempi».
Le sfilate registrate risultano fredde, perché manca l’elemento inatteso, la presenza emozionale