Corriere della Sera

Accorsi: i miei primi 50 anni

«Esordio con Avati, successo con Muccino In Francia ho vissuto periodi di crisi: ignorato dall’Italia, mi svegliavo di notte»

- Chiara Maffiolett­i

L’intervista L’infanzia, il cinema, i quattro figli: l’attore si confessa

«Certo, se ti soffermi a pensarci un po’ di effetto lo fa... ma dopotutto l’idea non mi agita tanto». Forse anche Stefano Accorsi sa che, nonostante il 2 marzo compirà 50 anni, per qualche ragione resta per tutti un ragazzo. Un ragazzo che ha fatto molte cose, percorso strade diverse, cambiando spesso rotta. E che oggi si definisce «una persona serena», qualità sbalorditi­va di questi tempi, ma che si ritrova nel suo sorriso aperto.

Era così anche da piccolo?

«Ero un bambino facile, andavo anche bene a scuola. Secondo mia madre ho imparato a leggere da solo... io ricordo che mi insegnava a riconoscer­e le targhe: “Bo”, “Bologna”, “Na” “Napoli”...è durato poco — ride —. Se fino alle medie ero brillante, con il liceo c’è stata una caduta totale, a volo d’angelo».

Quando ha capito di amare il cinema?

«Prima dei dieci anni. Registravo i film di notte e li guardavo subito dopo pranzo. Mio padre aveva l’encicloped­ia del Cinema e ricordo la pagina su Paul Newman. A scuola ero esonerato dall’ora di religione e un giorno sono andato a una scuola di teatro per informarmi. Lì ho deciso: finito il liceo mi sarei iscritto».

E lo ha fatto.

«Ma mia mamma voleva facessi anche l’Università. Scelsi Economia e Commercio: penso che commercial­ista sarei stato... quell’estate però, sempre lei aveva letto che Avati faceva dei provini: “Cerca anche non attori, prova”».

È stato il suo primo film: «Fratelli e sorelle».

«Mi ero presentato con un book fatto dal fotografo del paese: mi aveva scattato delle foto al mare, dove facevo il bagnino... avevo in mente le foto di Paul Newman ma il risultato non era uguale. Una volta davanti a Pupi ho intuito cosa si aspettava da me: ho iniziato a far finta di essere così».

Da lì, una carriera di successi: non ha più avuto il dubbio se fare il commercial­ista.

«Forse quello no, ma c’è stato un momento, di cui non ho mai parlato, in cui i dubbi erano diversi. Era quando vivevo in Francia. Essermene andato dall’Italia era stato vissuto come qualcosa di sprezzante e poco a poco, anche per via dei miei no, le proposte non erano più tante. Avevo un po’ rotto. In quei dieci anni, dopo tutto quel successo, ho fatto solo tre film in Italia.

In Francia recitavo, ma non erano i progetti a cui più ambivo. Anzi. È stato angosciant­e: mi svegliavo di notte non sapendo se sarei tornato ad assaporare quell’emozione».

Sono stati tutti anni molto complicati quelli francesi?

«Anni in cui non mi sono mai sentito così tanto italiano. Mi mancava tutto. Se in Italia stai per perdere un aereo sai che tendenzial­mente, in qualche modo lo prenderai. In Francia stai certo: nessuno ti aiuterà a prendere quel maledettis­simo aereo. Ma è stato anche un periodo formativo: lì sono tornato a fare provini. Mi sono rimesso in gioco, proponendo progetti che nascevano da me».

Ecco «1992», «1993», «1994». Un ritorno in Italia che ora sembra una rinascita.

«Da lì è ripartita una fase molto attiva. Ma in Francia sono anche diventato papà (ha avuto i suoi primi due figli con Laetitia Casta, ndr.): mi sono reso conto di cosa voglia dire quel legame indissolub­ile, che stravolge molte cose e ne relativizz­a altre».

Ha avuto poi altri due figli con Bianca Vitali, che nel 2015 ha sposato. Cosa l’ha colpita?

«La sua serenità: è a suo agio con sé stessa e quindi nel mondo. Prima ero fra chi dice che sposati o non sposati è uguale. Invece no, poi ti accorgi che uguale non è».

Il logopedist­a

La voce era debole, mi vergognavo. Ho avuto la fortuna di incontrare un grande logopedist­a

Tre nomi, tre flash: Ligabue, Muccino e Ozpetek.

«Di Ligabue amo lo sguardo fresco; le nostre radici ci fanno capire al volo. Con Ozpetek e Muccino ho fatto tre film: nello stesso anno ho girato prima Le fate ignoranti e poi L’ultimo bacio: hanno cambiato il corso di tutto».

Che effetto le fa la venerazion­e che c’è per la sua voce?

«È curioso, era il mio tasto dolente. Avevo un difetto, una voce molto debole che mi dava imbarazzo. Ricordo la sensazione al bar: al bancone volevo chiedere un caffè ma usciva solo un soffio per cui chi avevo a fianco si girava mentre il barista nemmeno si accorgeva. Mi vergognavo».

La cosa ha del clamoroso.

«In effetti ora è un mio punto di forza. Prima era un’assoluta fragilità. Ho incontrato un logopedist­a eccezional­e, Gianpaolo Mignardi. Faccio ancora gli stessi esercizi per scaldare la voce e provo tanta soddisfazi­one, ad esempio, quando finisco il monologo dell’Orlando, a teatro. Lo faccio senza problemi».

Per non parlare di come ordina ora il caffè al bar.

«Adesso spalanco la porta e dico già da lì: “Offro io”».

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Stefano Accorsi ha vinto la Coppa Volpi come Miglior attore per «Un viaggio chiamato amore» nel 2009 (Foto Sebastiano Pessina)
Sorriso Stefano Accorsi ha vinto la Coppa Volpi come Miglior attore per «Un viaggio chiamato amore» nel 2009 (Foto Sebastiano Pessina)
 ??  ?? L’ultimo bacio Nel film di Muccino con Giovanna Mezzogiorn­o (2001)
L’ultimo bacio Nel film di Muccino con Giovanna Mezzogiorn­o (2001)
 ??  ?? Con Laetitia Casta Lunga relazione con la star francese: due figli
Con Laetitia Casta Lunga relazione con la star francese: due figli
 ??  ?? La moglie Bianca Vitali, 29 anni, con il marito: hanno avuto 2 figli
La moglie Bianca Vitali, 29 anni, con il marito: hanno avuto 2 figli
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1992-1993-1994 Ideatore e protagonis­ta della serie su Tangentopo­li
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A tavola con papà Stefano Accorsi a Bologna a metà degli anni 70

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