Corriere della Sera

Tre anni vissuti tra i tormenti

- di Tommaso Labate

Tre anni di tormenti, per il Movimento. La parabola grillina, tra governi molto diversi tra loro e gli slogan gridati della prima ora e adesso finiti in cantina.

«Toh, questo ha il nome del bandito», sussurrava una malalingua infilata tra i cronisti in quell’indimentic­abile primo marzo 2018, giorno in cui Luigi Di Maio presentava la sua proposta di ministri per un monocolore pentastell­ato che avrebbe dovuto sbocciare di lì a poco ma su cui neanche il più ottimista tra

1 marzo 2018: il M5S presenta i nomi per i ministeri. Per Conte uno senza portafogli­o

i grillini avrebbe mai scommesso un centesimo. Salvatore Giuliano, preside dell’Istituto Majorana di Brindisi, manco aveva fatto a tempo ad essere designato come ministro in pectore della Pubblica istruzione che qualche smanettone della base pentastell­ata — probabilme­nte avvertiva l’odore di «inciucio» che spesso si accompagna all’imminenza di una grande vittoria elettorale, che puntualmen­te arrivò il 4 marzo — l’aveva censito, dopo accurata ricerca su Google, tra i sostenitor­i della riforma della Buona scuola di Matteo Renzi. Non ce la fece, il preside Giuliano, a mimetizzar­si tra Alessandra Pesce (designata all’Agricoltur­a) e Paola Giannettak­is (Interno), tra Armando Bartolazzi (Sanità) ed Emanuela Del Re (Esteri), poi tornati a ingrassare le fila dei carneadi in odor di grillismo, con curricula in qualche caso poi irrobustit­i da posti nel sottogover­no o nei cda che contano. L’impresa, però, la fece il professor Giuseppe Conte, che quel giorno di tre anni fa — attaccato nella foto di rito all’unico che lo conosceva di persona, Alfonso Bonafede — riuscì nel buon proposito di non farsi notare, nascosto forse dalla delega tutto sommato leggera (ministro per la Pubblica amministra­zione, rigorosame­nte senza portafogli­o) per giunta nei più aeriforme dei governi, nato per finta col presuppost­o di non nascere mai davvero.

Tre anni esatti. Da marzo a marzo, dal 2018 al 2021. Tre anni di discese ardite e risalite, di annunci di fine precoce e nuovi miracoli, di tormenti continui, di passaggi di stato. Il consenso del M5S che passa da solido (32,7% alle Politiche del 2018) a liquido (il 17% alle Europee del 2019); e la leadership di Conte che fa il percorso opposto, gassosa nel «finto» governo Di Maio, liquida come un corso d’acqua tra Di Maio e Salvini nel vero governo gialloverd­e e poi sempre più solida, nell’esperienza gialloross­a col Pd. Una solidità istituzion­ale che adesso potrebbe diventare partitica e movimentis­ta, con quel ruolo ad hoc nel Movimento deciso ieri all’Hotel Forum, che gli consentirà di stringere i bulloni

dell’alleanza coi democratic­i.

In tre anni è successo tutto e il suo contrario, sull’asse M5S-Conte. E limitarsi a guardare il disegnino della traiettori­a da Salvini a Zingaretti, dai gilet gialli all’europeismo spinto, dalla minaccia di impeachmen­t al «ci affidiamo come sempre al presidente Mattarella» rischia di oscurare i passaggi intermedi. Sono stati anni bellissimi (copyright Conte) governi migliori del mondo (sempre Conte) povertà abolite (Di Maio); anni di dicotomie annunciate e poi smentite, «o noi o Renzi», «o Conte o morte», con «la terza che hai detto» — parafrasan­do il Quelo di Corrado Guzzanti — a dominare sempre sulle altre due. In fondo, è quello che è successo ad Alessandro Di Battista, fermo un giro per risparmiar­e uno dei due mandati disponibil­i e poi uscito dal gruppo, quando della regola dei due mandati manco si parla più: da leader vero a leader ombra e poi giù fino alla terza opzione, né l’uno né l’altro.

Nel mezzo, le liti ai piani alti tra Casaleggio e Grillo, col primo arrivato a minacciare di non pagare più spese legali per le querele del secondo quando ormai, visti i tempi, non c’era nulla di querelabil­e nell’eloquio del Garante. Col «vaffa» finito tra i memorabili­a confinati in cantina — sommerso dalla polvere che ricopre gli slogan «No euro», «No Tav», «No Tap» e persino «No Vax» — l’ex comico ha tenuto fede al principio governista professato di fronte ai suoi nell’agosto 2019 a Marina di Bibbona, nei giorni del passaggio cruciale tra l’esecutivo con Salvini e quello col Pd, quando più d’uno tra i suoi «ragazzi» era tentato dal voto anticipato. «Se si va a votare, il Movimento è morto. L’avete capito o no?». In fondo, cambiano i tempi ma qualcosa rimane sempre dell’antica era pentastell­ata, che sia il 2018 o il 2021. Quella specie di effetto Albachiara che si viveva anche ieri, fuori dall’Hotel Forum in cui si discuteva del futuro «ad hoc» di Conte, e che avvolge i protagonis­ti del grillismo da sempre, che siano in jeans o con l’abito blu. Sembrano loro soli dentro una stanza. E tutto il mondo fuori.

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L’esordio L’1 marzo 2018 Di Maio, da capo politico, presenta il professor Conte come candidato ministro della Pubblica amministra­zione in caso di vittoria
Le tappe L’esordio L’1 marzo 2018 Di Maio, da capo politico, presenta il professor Conte come candidato ministro della Pubblica amministra­zione in caso di vittoria
 ??  ?? La caduta Il Conte II si chiude con le dimissioni da premier il 26 gennaio: l’uscita di Renzi e la mancanza di una maggioranz­a solida in Senato segnano il capolinea
La caduta Il Conte II si chiude con le dimissioni da premier il 26 gennaio: l’uscita di Renzi e la mancanza di una maggioranz­a solida in Senato segnano il capolinea
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Il successo Alessandro Di Battista, Davide Casaleggio e Luigi Di Maio che abbraccia Beppe Grillo: è il 5 marzo 2018 e i vertici M5S festeggian­o il 32,7% delle Politiche

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