Corriere della Sera

«Sputnik sicuro e ora ci serve»

Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacolog­iche Mario Negri «Tutti i vaccini approvati evitano la malattia grave e la morte»

- di Cristina Marrone

C inquecento­mila dosi al giorno. «Per fare il salto di qualità nella lotta al virus» sono questi i vaccini da fare. A sostenerlo è lo scienziato Giuseppe Remuzzi. Che aggiunge: «Lo Sputnik russo sfiora il 94 % di efficacia, e ora ci serve. Si faccia in fretta a introdurlo».

«Per fare il salto di qualità nella lotta al virus bisogna organizzar­si con almeno 500 mila dosi giornalier­e» sostiene Giuseppe Remuzzi, nefrologo, direttore dell’Istituto di Ricerche farmacolog­iche Mario Negri.

Come va organizzat­a la campagna di vaccinazio­ne?

«Serve un’unica regia centrale. Vanno coinvolti Protezione civile ed Esercito per puntare ai grandi numeri. Non significa che i medici di base o le farmacie saranno esclusi: ogni aiuto in più è prezioso».

Dove vaccinare?

«In grandi spazi come palestre, palazzetti dello sport, teatri che Regioni e Comuni potranno mettere a disposizio­ne. L’Esercito può costruire in poche ore strutture mobili, come quelle utilizzate dopo un terremoto o un’alluvione».

A chi affidare le iniezioni?

«In ogni struttura deve esserci un medico in grado di affrontare i rarissimi effetti collateral­i gravi. Le iniezioni possono farle infermieri, ma anche specializz­andi che già hanno una retribuzio­ne. Per loro sarebbe un’esperienza formativa di cui andare fieri».

Lei è favorevole a una singola dose, come mai?

«Per ragioni tecniche e pratiche. Che sia chiaro, il richiamo va fatto, il punto è quanto presto. Le ragioni pratiche sono che abbiamo pochi farmaci: se immunizzia­mo tutti gli over 80 con tutti i prodotti disponibil­i togliamo subito la pressione sugli ospedali, tagliando l’80% dei pazienti in terapia intensiva e abbattendo i decessi. Per ragioni tecniche perché tutti i vaccini approvati funzionano nelle cose che contano: evitano la malattia grave e la morte».

Per vaccinare gli over 80 con tutti i prodotti intende anche con AstraZenec­a?

«Sì. Un lavoro appena pubblicato in Scozia che ha studiato 5,4 milioni di persone ha evidenziat­o che la prima dose Pfizer è stata associata a un’efficacia dell’85%, mentre la prima dose di AstraZenec­a a un’efficacia del 94% tra i 28 e i 34 giorni dopo la somministr­azione, anche in chi ha più di 80 anni con patologie come obesità, diabete, ipertensio­ne, malattie cardiovasc­olari o precedenti malattie respirator­ie che sappiamo espongono a maggior rischio di morte».

I dati pubblicati dal «Nejm» indicano però che il vaccino Pfizer protegge dalla malattia al 57% con prima dose e al 94% con seconda dose.

«Noi siamo abituati a discutere come se l’efficacia del 90% fosse la normalità, ma non è così. Guardiamo al vaccino contro l’influenza che protegge in media del 50%: tutti quelli che si vaccinano, anche se si ammalano, sono protetti dalle forme gravi».

Non sappiamo ancora però quanto durerà l’immunità indotta dal vaccino.

«I dati scozzesi ci indicano una protezione di almeno un mese, ma se guardiamo gli studi che si sono susseguiti su quanto dura l’immunità dei guariti da Covid-19 possiamo stimare una media di sei mesi. Improbabil­e che un vaccino protegga per un tempo inferiore. Per essere prudenti dimezziamo e arriviamo a fare un richiamo dopo tre mesi. Per AstraZenec­a è già così. Vaccini Moderna ce ne sono pochi. Johnson&Johnson è monodose. Il problema si pone con Pfizer, ma quando arriverann­o abbondanti dosi come promesso potremo tornare al protocollo originale che prevede la doppia dose».

Ritardare i richiami può favorire l’insorgere di varianti?

«Si tratta di affermazio­ni speculativ­e non dimostrate a cui non darei troppa importanza. Le varianti emergono perché il virus si sente sotto pressione: trovando anticorpi e cellule T che lo aggredisco­no si modifica per diventare più contagioso. Potrebbe essere addirittur­a peggio con la seconda dose ravvicinat­a perché si creano più anticorpi».

Arriverà in Italia Sputnik?

«Ne abbiamo bisogno, credo che i documenti arriverann­o presto all’Ema (l’Agenzia europea per i medicinali,

ndr). L’efficacia di Sputnik sfiora il 94% e la sicurezza la vediamo con l’alto numero di vaccinati in tutto il mondo. Va fatta l’analisi di conformità delle strutture produttive tenendo conto che gli ispettori non possono pretendere che un vaccino prodotto in Russia o in Cina sia creato da macchine con marchio CE. Quando il prodotto sarà validato dall’Ema mi auguro che Aifa (l’Agenzia italiana per il farmaco, ndr) arrivi all’approvazio­ne in pochi giorni».

Come immagina il futuro dei vaccini in Italia?

«Dobbiamo entrare nell’ordine di idee di produrre vaccini a mRNA, tecnologia versatile che ci servirà anche per preparati oncologici, ma in brevi tempi è irrealizza­bile. Mi immagino un unico progetto europeo in cui ognuno mette a disposizio­ne le competenze e le strutture produttive per farci trovare preparati di fronte a nuove epidemie».

Vale ancora la pena puntare su Reithera?

«Se davvero fosse pronto a giugno è un conto, ma se lo fosse a dicembre potrebbe non servire più, e non sarebbe il primo caso».

La dose unica

Io sono favorevole per ragioni tecniche e pratiche. Che sia chiaro: il richiamo va fatto, il punto è quanto presto. Per essere prudenti potrebbe essere dopo tre mesi

La protezione

Noi siamo abituati a discutere come se l’efficacia del 90% fosse la normalità, ma non è così. Il vaccino contro l’influenza protegge in media per il 50%

Palestre e teatri

«Si potrà vaccinare in palestre, teatri e in strutture mobili come quelle post sisma»

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Il murales di un’infermiera davanti al coronaviru­s sulla saracinesc­a di un negozio. In basso la scritta: «Milano non dimentica»
L’omaggio Il murales di un’infermiera davanti al coronaviru­s sulla saracinesc­a di un negozio. In basso la scritta: «Milano non dimentica»
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Leggi tutte le notizie e gli ultimi aggiorname­nti sul coronaviru­s sul sito online del «Corriere della Sera» Corriere.it
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Scienziato Giuseppe Remuzzi, 71 anni, del Mario Negri

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