Digitale, verde. E ripartiamo
Claudio Luti (Kartell) e le sfide della ripresa «Serve rischiare, anche nei momenti più cupi»
Cambiare, innovare, crescere nell’anno della pandemia. Rischiare. «È un atteggiamento culturale e imprenditoriale». Lavorare. Senza chiedere niente. «Anzi no, una cosa ci sarebbe: il vaccino, subito». Claudio Luti, presidente di Kartell, tira le fila di un anno difficile, drammatico. Eppure per la sua azienda — ha un certo pudore a dirlo — è stato (anche) incredibile: in 12 mesi il marchio ha aperto 54 nuovi negozi, ne ha rinnovati altri 33, inaugurato prodotti, spinto sul biodegradabile, rinnovato il catalogo. Fortuna e bravura. Certo, chiusi in casa gli italiani — e gli stranieri — hanno investito nell’arredamento, ingentilito appartamenti che prima abitavano solo per dormire. Però. «Però noi questo cammino lo avevamo immaginato molto tempo fa, prima dello scoppio del virus». Perché il messaggio è chiaro ed è sempre lo stesso, con o senza Covid. Con o senza Recovery plan. Ed è rivolto soprattutto ai più giovani: «Bisogna avere chiara la strada da intraprendere e non lasciarla, anche nei momenti più cupi».
Il 2020 chiuso con il segno positivo (+4 per cento), il boom dell’online (3 milioni di utenti unici, raddoppiati rispetto all’anno prima), il fatturato dell’e-commerce cresciuto di 4 volte, il successo dei canali social, dei nuovi materiali come il legno, delle trasparenze — icona del marchio — realizzate per il 65 per cento da scarti vegetali. Il re della plastica — «pulita: il primo tentativo di riciclo l’ho fatto nel 1994 ma purtroppo puzzava» — racconta l’evoluzione di una rivoluzione che va dal dettaglio di un imballaggio alla disposizione dei prodotti agli accordi con Alibaba. Una road map, la famosa strada, che punta su innovazione, su legame tra passato e futuro, tra pezzi storici e ultimi nati («mai buttare via quello che di buono si è fatto»), sui negozi fisici e sul digitale — «non si fanno concorrenza» — sul dialogo con i creativi e con il pubblico.
Ricette per una ripresa. Del Paese, dell’impresa, della cultura che diventa strategica per l’immagine dell’Italia «perché i nostri tesori artistici e paesaggistici parlano lo stesso linguaggio dell’abitare e dello stare bene». In fondo le parole che usa Luti sono le stesse emerse durante il dibattito («Corriere» del 26 febbraio) tra docenti universitari, direttori di fondazioni e musei, manager su come investire gli 8 miliardi messi a disposizione dall’Europa per il settore cultura. E cioè tutela del patrimonio (e dunque anche del design italiano), digitalizzazione, valorizzazione delle professionalità. Primo pilastro: visione lunga, «per noi almeno fino al 2030». Le strategie imprenditoriali vengono da lontano e guardano lontano. Ma sanno rispondere alle sollecitazioni del presente. «Il nostro percorso — continua Luti — raccoglie l’esperienza di un anno, il 2020, in cui è stato modificato il modo di vivere in tutto il mondo ma non il nostro modo di essere. Anche dall’esperienza di questi mesi abbiamo ricevuto stimoli nuovi». Che vanno dal semplice ma centrale cambiamento dei colori di alcuni prodotti-simbolo, che diventano più tenui e più opachi, fino alla politica ecologica. «Ci siamo impegnati a corrispondere alle linee di indirizzo del piano dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile approvata dal Consiglio generale dell’Onu. Entro il 2021 pensiamo di convertire buona parte del catalogo con elementi green e usare la maggior parte possibile del packaging con materiale riciclato e riciclabile». I negozi: «Abbiamo staccato gli oggetti dalle pareti per presentare ambienti più accoglienti, non un elenco di cose. Vogliamo emozionare» (a dicembre a Parigi è stato inaugurato il secondo store di Kartell immaginato come una boutique sulla Rive Droite).
La strategia va limata tutti i giorni, senza incertezze. Per esempio sviluppando il sito e migliorando i servizi di spedizione, «tutti gli ordini devono arrivare a destinazione in tempi rapidi. Ovunque nel mondo». L’impegno cresce con i fatturati. Allora con un’annata così, con questi numeri e queste performance... vuole dire che il Salone del Mobile non serve? Ed ecco che Luti — che del Salone è presidente, che quasi in lacrime l’anno scorso ha annunciato lo stop di aprile a causa della pandemia per poi comunicare di nuovo lo slittamento a settembre dell’edizione 2021 — rinuncia per una volta al suo famoso aplomb: «Non scherziamo, il Salone è fondamentale, è tutto. È il nostro primato, un sistema di relazioni e di scambi irrinunciabile, è il simbolo della nostra forza: chiamare tutti a raccolta a Milano per mostrare al mondo quanto siamo bravi, creativi, in
Il 2020 ha cambiato il modo di vivere, non di essere. Dall’esperienza di questi mesi abbiamo ricevuto stimoli nuovi
novatori». Per tornare a stringersi le mani e fare affari nel segno del bello.
Nel frattempo, al lavoro. Con i designer, che vengono a Milano a rotazione, a partire da Philippe Starck (e tutti gli altri: Ferruccio Laviani, Piero Lissoni, Patricia Urquiola...), «anche perché i prototipi vanno capiti e toccati, bisogna avere un’idea fisica delle proporzioni». Con i produttori. Con i nuovi signori del contract, le grandi forniture (altro segmento su cui Kartell sta puntando). Per immaginare un futuro fatto di negozi sempre più belli, vetrine dell’abitare in cui «fermarsi, provare, toccare», di relazioni, di incontri che una volta davamo per scontati. «Anche se l’unica risposta è il vaccino». La nostalgia per un’epoca pre-Covid è evidente, come il desiderio di ripartire, di cui il Salone del Mobile diventa il simbolo, «speriamo che il premier Mario Draghi ci appoggi in questo, e che ponga attenzione alla filiera e alle fiere». Confessioni di un imprenditore che raramente si sbottona: «La pandemia mi ha dato più tempo per riflettere sui valori importanti della vita: la famiglia, l’amicizia , la passione per il lavoro».
Cultura del fare. Del bello. Del sostenibile. Etica aziendale (bonus sono stati distribuiti ai dipendenti, ma sul tema l’unica risposta è il silenzio) che «significa rispetto»; etica nelle relazioni, nelle scelte, «nella gestione delle risorse umane e dei bilanci». Virus o no, aiuti europei o no, la strada di Luti ha i contorni netti.
Il Salone del Mobile è un primato irrinunciabile, è il simbolo della nostra forza: mostrare a tutti quanto siamo creativi