Corriere della Sera

Io, diviso tra Bruce e Paul

Little Steven rilegge i Beatles e duetta con McCartney «Il rock? In crisi, nella musica si salvano poche star»

- Andrea Laffranchi

Puoi aver suonato negli stadi sold out in giro per il mondo. Puoi avere il tuo nome iscritto nella Rock and Roll Hall of Fame. Ma l’emozione di una prima volta può arrivare anche a 67 anni. Il 14 novembre 2017 per Little Steven è stata la prima volta al Cavern Club di Liverpool, il locale che ospitò i Beatles degli esordi. «Il rock’n’roll è una religione e questa per me è la Mecca», racconta il chitarrist­a della E-Street Band di Bruce Springstee­n dalla sua casa di New York, bandana da pirata d’ordinanza e cagnolino in braccio. Steven Van Zandt ci ha suonato con i Disciples of Soul, la band con cui dagli anni Ottanta occupa i ritagli di tempo fra gli impegni con il Boss. Esce «Macca to Mecca», cd e dvd che documenta quell’avventura: 36 minuti fra le canzoni dei Beatles (e alcune cover che facevano a inizio carriera) rilette in chiave soul e un duetto con Paul avvenuto pochi giorni prima a Londra.

Come è nato il progetto?

«In modo spontaneo. Eravamo in Inghilterr­a in tour e abbiamo contattato il Cavern. Lì i Beatles facevano dei concerti all’ora di pranzo e abbiamo pensato di fare lo stesso. Viviamo in un mondo noioso. Mi guardo intorno e tutto è cambiato. E non in meglio. C’è troppa pressione economica su tutti noi: nessuno si diverte e si fanno due lavori per pagare le bollette».

Anche la musica la annoia?

«Non si vendono più dischi. Ci saranno cinque artisti che vendono, Beyoncè, Taylor Swift e qualcuno dell’hip hop. Il rock non vende più».

Il Cavern non è più quello originale anche se in parte sono stati usati gli stessi mattoni...

«Pensavano volessi suonare nella sala più grande, invece volevo quella ad arco che ricalca l’originale anche se il palco è talmente piccolo che non ci stavamo tutti: coriste e fiati li ho messi in corridoio».

Se il Cavern è la Mecca, chi è dio, John Lennon o Paul McCartney?

«Il rock and roll per me è un culto pagano con molte divinità. C’erano i quattro Beatles, i cinque Rolling Stones, Bob Dylan, i Birds, gli Who, Jimi Hendrix... Se devo sceglierne uno solo direi Little Richard».

Nel 1964 i Beatles si esibirono all’Ed Sullivan show e lasciarono un segno indelebile sulla cultura e la società americane. Anche sull’adolescent­e Steven Van Zandt?

«La mia adolescenz­a è stata segnata dalla British invasion. Prima di Beatles e Rolling Stones non c’erano band vere in America, ma soltanto solisti. I Crickets di Buddy Holly erano durati poco. Alle feste del liceo le band facevano musica strumental­e e nessuno cantava oppure erano gruppo vocali. Sarò sempre grato a quei gruppi e per questo sono l’unico a trasmetter­li in radio nel mio show: voglio che li scopra anche la nuova generazion­e».

Nel duetto con Paul McCartney ripete la posa iconica che fa con Bruce Springstee­n quando siete attorno allo stesso microfono. Come è nata?

«Abbiamo visto i Beatles farlo. Paul e John cantavano insieme, a volte anche con George. È un modo per sentirsi bene a vicenda quando si armonizzan­o le voci e poi crea interazion­e sul palco. Le band sono interazion­e fra i membri».

Entrando al Cavern ha avvertito il genius loci, lo spirito del luogo?

«Lo senti in tutta Liverpool. Anche se in passato non era così. La prima volta che ci andai a cavallo fra anni 70 e 80 scoprii che qualche genio aveva trasformat­o il Cavern in un parcheggio. Mi aspettavo anche di trovare delle grandi statue dei Beatles, tipo statua della Libertà, e non c’era nulla di nulla. Insomma non scorreva buon sangue fra loro e la città. Ora è decisament­e diverso».

A proposito di legami con i posti. Bruce e la E Street band hanno sempre parlato bene di San Siro tanto che nel documentar­io legato all’ultimo album «Letter to You» brindate al debutto del tour (poi saltato per la pandemia) con quattro date in quello stadio. Cosa c’è di speciale a Milano?

«Arriveremo, ma ho letto che lo vogliono abbattere. Non può accadere, sarebbe terribile. A renderlo diverso anzitutto è la gente, i fan... sono incredibil­i ovunque ma a Milano un po’ più matti. Ma uno dei motivi per cui è così bello è la sua configuraz­ione: si suona sul lato lungo e quindi il fondo della platea è più vicina del solito. E poi è anche più alto. Tutto questo lo rende più intenso, come se fosse un grande teatro. Se ci sarà un altro posto ci andremo, ma non sopporto quando un posto leggendari­o e sacro viene distrutto».

Viviamo in un mondo noioso C’è troppa pressione economica su tutti noi: nessuno si diverte e si fanno due lavori per pagare le bollette

 ??  ?? Con Paul Il chitarrist­a in duetto con Paul McCartney
Con Paul Il chitarrist­a in duetto con Paul McCartney
 ??  ?? Con il Boss Little Steven in concerto con Springstee­n
Con il Boss Little Steven in concerto con Springstee­n
 ??  ?? Sul palco Steven Van Zand, 67 anni, conosciuto come Little Steven, chitarrist­a della E-Street Band: nei ritagli di tempo dai suoi impegni con il Boss suona (fin dagli anni Ottanta) con i Disciples of Soul. Ora è in uscita «Macca to Mecca», cd e dvd sul loro concerto del 2017 al Cavern Club di Liverpool
Sul palco Steven Van Zand, 67 anni, conosciuto come Little Steven, chitarrist­a della E-Street Band: nei ritagli di tempo dai suoi impegni con il Boss suona (fin dagli anni Ottanta) con i Disciples of Soul. Ora è in uscita «Macca to Mecca», cd e dvd sul loro concerto del 2017 al Cavern Club di Liverpool

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