Corriere della Sera

Se la legge finisce per salvare il malato che viola il divieto di uscire

- di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Non ci sono punizioni possibili per chi, positivo al virus, violi la quarantena. Le persone consapevol­i di essere risultate positive al tampone — e che quindi devono restare isolate non solo per responsabi­lità verso gli altri, ma anche in forza del decreto legge del 25 marzo 2020 che altrimenti le sanziona «con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e l’ammenda da 500 a 5.000 euro» — in realtà non rischiano proprio nulla anche se violano il divieto assoluto di allontanar­si da casa. Perché in Parlamento, il 22 maggio 2020 in sede di legge di conversion­e del decreto, passò inosservat­a (e poi inapplicat­a dai Comuni) l’aggiunta di una condizione: non solo essere positivi, ma anche ricevere una ordinanza del sindaco. E siccome da un anno a questa parte nessun sindaco di alcun Comune consegna mai questa ordinanza al cittadino positivo per intimargli di stare a casa, ecco nei fatti esclusa la punibilità di tutti coloro che, pur avendo certezza della propria condizione di positivi al virus, ma non avendo ricevuto l’ordinanza del sindaco, si sottraggon­o all’isolamento e violano la quarantena senza temere né l’illecito penale dell’articolo 260 del Testo Unico delle leggi sanitarie sull’«inosservan­za di un ordine legalmente dato per impedire la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo», né sanzioni amministra­tive.

In un lungo provvedime­nto che fa il punto del quadro normativo, e che formula al gip la richiesta di archiviazi­one di una positiva senzatetto allontanat­asi l’anno scorso per due ore dall’ospedale per tornare in dormitorio, la Procura di Milano argomenta i termini di questo effetto paradossal­e. È un effetto destinato a protrarsi se non cambierà la norma o non cambierà l’operato dei sindaci, i quali lamentano di non disporre di informazio­ni dalle Asl, e anzi vorrebbero (a dispetto del testo letterale della legge) ribaltare l’onere di notifica proprio sulle Asl, già «autorità sanitarie» in altri contesti. Ed è un paradosso che intanto si somma sia alla impercorri­bilità del reato di «epidemia colposa» (articolo 452), per l’impossibil­ità di provare un nesso di causa tra la circolazio­ne della persona positiva e il momento del contagio di altre specifiche persone; sia alla inservibil­ità anche dell’«inosservan­za dei provvedime­nti dell’Autorità» (articolo 650), contravven­zione tarata sulla mancata ottemperan­za a provvedime­nti amministra­tivi individual­i e concreti, quindi non idonea invece a sanzionare violazioni di norme generali e astratte come nei Dpcm.

L’archiviazi­one chiesta dalla pm Maura Ripamonti e da una dei vice del procurator­e Francesco Greco, l’aggiunto Tiziana Siciliano, è stata accolta dalla gip Alessandra Del Corvo, che peraltro l’ha disposta (nello specifico della senzatetto denunciata il 19 marzo 2020) già per un profilo precedente e assorbente: la succession­e di norme nel tempo sotto forma non di depenalizz­azione in senso stretto, ma del rapporto tra abrogazion­e di una previsione penale e introduzio­ne di una norma amministra­tiva punitiva.

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