Juan Carlos: fatemi tornare in Spagna (ma il figlio nicchia)
Senza vitalizio, senza famiglia, senza patria e senza spiragli in vista. La decisione di chiudere i conti in sospeso almeno con Hacienda, l’agenzia delle entrate spagnola, potrebbe non bastare al vecchio re per rimettere piede a Madrid. L’eroe del «23F», il sovrano che indossò la divisa da comandante delle Forze armate, il 23 febbraio di quarant’anni fa, per apparire in televisione e ordinare ai militari golpisti del tenente colonnello Antonio Tejero di rientrare in caserma, non è più il benvenuto nella sua terra.
«Juan Carlos non vuole morire in esilio ad Abu Dhabi» hanno fatto sapere parenti e amici al quotidiano El Mundo. Ma suo figlio, il re in carica Felipe VI, non sembra voler mettere a repentaglio il futuro della monarchia per intercedere apertamente in suo favore. E proprio il pagamento dei debiti con il fisco, attraverso una seconda tranche di 4 milioni e 395 mila euro (dopo la prima di 678.393), più che un ravvedimento operoso, è un’ammissione di colpa da parte del padre.
Il primo ministro socialista, Pedro Sánchez, normalmente misurato con le parole, ha manifestato la propria «repulsione» e quella della maggioranza degli spagnoli per i «comportamenti incivili» di Juan Carlos I. Nemmeno l’ex premier conservatore José María Aznar ha spezzato una lancia per il re emerito: «Se chi rappresenta l’istituzione non crede in essa, perché dovrebbero crederci gli altri?» ha detto in un’intervista a La Sexta.
A rigor di costituzione, i misfatti per i quali l’ex capo dei Borbone deve cercare il proscioglimento sono quelli commessi dopo la sua abdicazione, nel 2014. Per i precedenti sarebbe protetto dall’immunità. Al fisco, l’ex re avrebbe dovuto dichiarare gli oltre 8 milioni di euro con i quali la fondazione Zagatka, presieduta dal cugino Alvaro de Orléans in Lichtenstein, ha finanziato fino al 2018 i suoi viaggi in jet privato e spesso in compagnia di Corinna Larsen, la sua storica e amante.
Per pagare ad Hacienda il dovuto su quei «benefit», Juan Carlos è ricorso a prestiti di amici, imprenditori, aristocratici. Che non si sa bene se saranno risarciti. Del misterioso omaggio da cento milioni di dollari, inviati nel 2008 su un conto di una banca privata in Svizzera dal re saudita Abdullah (morto nel 2015), non rimane nulla: nel 2012, il sovrano ha trasferito 65 milioni da Ginevra a un conto offshore dell’amante che, conclusa la lunga relazione, ha considerato la somma un «regalo di ringraziamento».
Ma le ultime rivelazioni della nobildonna, diffuse ieri da El Pais, lasciano spazio a un’altra ipotesi. Il denaro sarebbe servito alla nuova vita della coppia se Juan Carlos avesse divorziato dalla regina Sofia, come Corinna sostiene avesse promesso nel 2009. L’ambiziosa donna d’affari tedesca, divorziata dal principe Casimir zu Sayn-Wittgenstein, aveva dunque accarezzato la possibilità di diventare regina di Spagna, ma Juan Carlos, dopo una rapida visita a uno studio di avvocati matrimonialisti, non era più tornato sull’argomento.