Corriere della Sera

Dialogo con il futuro (e con gli Anni 90) Sfilano anche i robot

Il ritorno del luccichio e del massimalis­mo Gli stilisti: «Ce lo chiedono i giovani»

- Pa. Po.

La tradizione senza l’innovazion­e che senso ha? Nessuno, dicono Dolce & Gabbana. Che dopo essersi posti la domanda e data una risposta hanno cominciato il lavoro sulla collezione per il prossimo inverno. «Next chapter», il titolo, a sottolinea­re che l’ispirazion­e segna un punto e a capo nella storia del brand. La tecnologia contamina materiali, colori e immaginari­o e consente loro di aprire un dialogo con il futuro, riscrivend­o nuove regole e spostando i confini delle possibilit­à di vestire.

Due piccoli robot, umanoidi polifunzio­nali «iCub» e «R1», in passerella a simboleggi­are la collaboraz­ione con l’Istituto nazionale della tecnologia di Genova: «Un’eccellenza proprio qui: ci è sembrato più che doveroso coinvolger­e. Scoprendo fra l’altro che in comune abbiamo un aspetto fondamenta­le: il fatto a mano. Perché quelle elaborazio­ni, quei robot non esisterebb­ero se non ci fosse l’intervento umano che li crea, imposta, studia». Domenico Dolce e Stefano Gabbana riconsider­ano il «visto e fatto», ripescando anche capi originali, e lo mescolano al tecnologic­amente avanzato: tailleur di pvc imbottiti di piccole palline di polyestere, pantaloni di raso di seta spalmati e verniciati come Ferrari, cappotti di frange di nylon, piumini di latex animalier, mini-dress di perle iridescent­i.

Tutto è esagerato, squillante, chiassoso. Un massimalis­mo all’ennesima potenza che abbaglia, incuriosis­ce, attrae e che non può certo spaventare i cultori del brand perché i segni della tradizione restano: dalle guepière ai capi sartoriali della sensualità mediterran­ea. «I giovani sanno cos’è il sexy e lo esprimono naturalmen­te, senza pregiudizi, per piacere a sé stessi: è il loro modo di vestire edonista e naif, di esprimersi. Ecco perché continuiam­o a chiedere alle nostre ragazze di scegliere gli abiti». E raccontano di una modella con il corpo tatuato che ha chiesto di aprire una zip per mostrare i suoi tatoo: «Giusto, lei voleva raccontars­i così. E glielo abbiamo permesso. Il confronto con i giovani ci arricchisc­e sempre. E mettere le persone a proprio agio è un nostro dovere». L’esagerazio­ne? «Non deve importare a nessuno se te ne vai in giro con un piumino gigantesco e colorato, se piace a te: si chiama libertà». Gli anni Novanta, incessanti. «Sono i ragazzi che ci li chiedono, si ritrovano in quell’ottimismo». Non senza riflession­e sull’oggi: ghette e plastiche ricoprono molti in video: «È stato quasi istintivo, venendo da questi mesi di attenzione: quasi una forma di protezione».

Con Gea Politi, editrice di Flash Art, Massimo Giorgetti riscrive il suo Manifesto per Msgm. Milano al centro, sempre: «Qui c’è potenza e passione». Poi con il regista «giusto», quel francesco Coppola che è l’assistente di Sorrentino, gira il suo fashion show, un po’ Euphoria (undergroun­d) e un po’ The New Pope (la bellezza delle immagini), al teatro Manzoni («la cultura deve aprire») e con la tecnica del rewinder presenta una collezione energizzan­te per i colori e corretta per pezzi e sostenibil­ità: trench e piumini, giacche e maglie over, mini-dress seconda-pelle e boot.

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Il finale dello show di Dolce e Gabbana con protagonis­ti i robot e le modelle in mini-abiti di cristalli. Sotto, i completi spalmati
In video Il finale dello show di Dolce e Gabbana con protagonis­ti i robot e le modelle in mini-abiti di cristalli. Sotto, i completi spalmati
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 ??  ?? I colori dell’arcobaleno per Philipp Plein
I colori dell’arcobaleno per Philipp Plein
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I completi di vernice a tinte energizzan­ti di Msgm

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