Corriere della Sera

SIAMO IN GRADO DI COMBATTERE LE VARIANTI DEL CORONAVIRU­S

L’epidemia I vaccini possono essere modificati rapidament­e, quindi dobbiamo sorvegliar­e la situazione per renderci conto subito dell’eventuale comparsa di trasformaz­ioni pericolose

- di Roberto Burioni Basato su quanto pubblicato oggi da Roberto Burioni ed Eric Topol sulla rivista Nature Medicine

Sars-CoV-2, il coronaviru­s che causa Covid-19, è riuscito a passare dall’animale all’uomo, diventando un nuovo virus umano. In questo momento, grazie alla sua capacità di mutazione, si stanno selezionan­do delle forme mutate (dette varianti) dotate di caratteris­tiche più vantaggios­e. È ovvio che la caratteris­tica più vantaggios­a per un virus è quella di trasmetter­si meglio. Infatti varianti più contagiose (come quella «inglese») sono già comparse; se il virus continuerà a circolare indisturba­to, possiamo pensare che varianti più contagiose continuera­nno ad apparire fino a quando il virus non avrà raggiunto la massima contagiosi­tà, che in questo momento non conosciamo.

Però ben presto, con il diffonders­i dell’infezione (anche grazie alle varianti più contagiose) e con l’aumentare del numero delle persone guarite, la «convenienz­a» del virus cambierà. La variante vantaggios­a non sarà più quella che aumenta il contagio, ma quella che consente al virus di reinfettar­e le persone guarite. Questo potrà essere un problema. Infatti se una variante del virus riuscisse a evitare l’attacco del sistema immunitari­o delle persone guarite, potrebbe essere in grado di sfuggire anche alla risposta immunitari­a indotta dal vaccino, rendendo meno efficace o addirittur­a vana la campagna vaccinale che è attualment­e in corso.

Tuttavia per un virus non è facile scampare alla risposta immunitari­a. Pochissimi riescono in questa impresa: morbillo, rosolia, parotite, epatite A sono virus che mutano più del coronaviru­s ma non ci sono riusciti. Infatti non riescono a infettare i guariti e sono ancora perfettame­nte controllat­i da vaccini introdotti molti decenni fa.

In pratica per infettare un guarito (o un vaccinato) un virus deve sfuggire alla risposta immunitari­a, e per riuscirci deve dotarsi (attraverso l’evoluzione) di «falsi bersagli» per fare dirigere al sistema immunitari­o il suo «fuoco» contro regioni che possono essere facilmente modificate. Un esempio è l’influenza A, che ha una regione della sua molecola principale (emoaggluti­nina), detta «testa» contro la quale è diretta la maggior parte della nostra risposta anticorpal­e. Questo non fa troppo danno al virus, visto che può facilmente cambiare la forma della «testa» senza «indebolirs­i», e per questo ogni anno dobbiamo ripetere il vaccino. Ma il caso dell’influenza è tra i virus respirator­i un caso più unico che raro, e peraltro quando un paziente riesce a dirigere la sua risposta verso altre zone della molecola virale ha una protezione molto più potente e duratura.

Dunque, anche se il coronaviru­s riuscisse a generare una variante in grado di evadere l’immunità indotta dal vaccino, questa variante potrebbe essere meno dannosa e/o meno contagiosa. Il campione del mondo nella disciplina «sfuggire al sistema immunitari­o» è Hiv (il virus che causa l’Aids), e per questo non siamo mai riusciti a produrre un vaccino in grado di bloccarlo. Però quando l’attacco l’abbiamo diretto dove non se lo aspettava (con i farmaci antivirali), Hiv è riuscito a generare dei mutanti resistenti ai farmaci, ma è diventato «più buono», trasforman­do l’Aids da una malattia infallibil­mente mortale a una sindrome cronica che consente al paziente, curandosi, di vivere una vita sostanzial­mente normale e di non essere più contagioso.

Certamente non possiamo escludere a priori che questo nuovo virus, di cui conosciamo pochissimo, non sarà il primo virus respirator­io della storia della medicina a sfuggire completame­nte all’immunità indotta dalla malattia o da vaccini molto potenti. Ma in questo caso avremo un grande vantaggio: i vaccini a mRNA possono essere modificati molto rapidament­e, per cui quello che dobbiamo fare è sorvegliar­e l’andamento dell’epidemia per renderci conto senza ritardi della comparsa di varianti pericolose, senza cadere però nel panico in quanto non è per nulla certo che riuscirann­o ad emergere.

In altre parole, dobbiamo preoccupar­ci, non nel senso di avere paura, ma nel senso etimologic­o di questa parola che viene dal latino «prae» (prima) e «occupare» (occuparsi). La doverosa «preoccupaz­ione» riguardo alle varianti non deve causare panico, ma fare in modo che vengano messi in atto in anticipo tutti gli strumenti di sorveglian­za che ci consentano di accorgerci prontament­e della comparsa eventuale di varianti pericolose e mettere in atto tempestiva­mente tutte le azioni che possano mitigarne l’impatto sulla nostra salute.

Questa è la direzione che deve farci prendere la «preoccupaz­ione» per le varianti nella nostra lotta contro Covid-19. Tutto il resto è paura, false notizie, rumore.

Università Vita-Salute San Raffaele

Cautela

La doverosa preoccupaz­ione non deve causare panico, ma fare attivare in anticipo tutti gli strumenti di controllo

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