SIAMO IN GRADO DI COMBATTERE LE VARIANTI DEL CORONAVIRUS
L’epidemia I vaccini possono essere modificati rapidamente, quindi dobbiamo sorvegliare la situazione per renderci conto subito dell’eventuale comparsa di trasformazioni pericolose
Sars-CoV-2, il coronavirus che causa Covid-19, è riuscito a passare dall’animale all’uomo, diventando un nuovo virus umano. In questo momento, grazie alla sua capacità di mutazione, si stanno selezionando delle forme mutate (dette varianti) dotate di caratteristiche più vantaggiose. È ovvio che la caratteristica più vantaggiosa per un virus è quella di trasmettersi meglio. Infatti varianti più contagiose (come quella «inglese») sono già comparse; se il virus continuerà a circolare indisturbato, possiamo pensare che varianti più contagiose continueranno ad apparire fino a quando il virus non avrà raggiunto la massima contagiosità, che in questo momento non conosciamo.
Però ben presto, con il diffondersi dell’infezione (anche grazie alle varianti più contagiose) e con l’aumentare del numero delle persone guarite, la «convenienza» del virus cambierà. La variante vantaggiosa non sarà più quella che aumenta il contagio, ma quella che consente al virus di reinfettare le persone guarite. Questo potrà essere un problema. Infatti se una variante del virus riuscisse a evitare l’attacco del sistema immunitario delle persone guarite, potrebbe essere in grado di sfuggire anche alla risposta immunitaria indotta dal vaccino, rendendo meno efficace o addirittura vana la campagna vaccinale che è attualmente in corso.
Tuttavia per un virus non è facile scampare alla risposta immunitaria. Pochissimi riescono in questa impresa: morbillo, rosolia, parotite, epatite A sono virus che mutano più del coronavirus ma non ci sono riusciti. Infatti non riescono a infettare i guariti e sono ancora perfettamente controllati da vaccini introdotti molti decenni fa.
In pratica per infettare un guarito (o un vaccinato) un virus deve sfuggire alla risposta immunitaria, e per riuscirci deve dotarsi (attraverso l’evoluzione) di «falsi bersagli» per fare dirigere al sistema immunitario il suo «fuoco» contro regioni che possono essere facilmente modificate. Un esempio è l’influenza A, che ha una regione della sua molecola principale (emoagglutinina), detta «testa» contro la quale è diretta la maggior parte della nostra risposta anticorpale. Questo non fa troppo danno al virus, visto che può facilmente cambiare la forma della «testa» senza «indebolirsi», e per questo ogni anno dobbiamo ripetere il vaccino. Ma il caso dell’influenza è tra i virus respiratori un caso più unico che raro, e peraltro quando un paziente riesce a dirigere la sua risposta verso altre zone della molecola virale ha una protezione molto più potente e duratura.
Dunque, anche se il coronavirus riuscisse a generare una variante in grado di evadere l’immunità indotta dal vaccino, questa variante potrebbe essere meno dannosa e/o meno contagiosa. Il campione del mondo nella disciplina «sfuggire al sistema immunitario» è Hiv (il virus che causa l’Aids), e per questo non siamo mai riusciti a produrre un vaccino in grado di bloccarlo. Però quando l’attacco l’abbiamo diretto dove non se lo aspettava (con i farmaci antivirali), Hiv è riuscito a generare dei mutanti resistenti ai farmaci, ma è diventato «più buono», trasformando l’Aids da una malattia infallibilmente mortale a una sindrome cronica che consente al paziente, curandosi, di vivere una vita sostanzialmente normale e di non essere più contagioso.
Certamente non possiamo escludere a priori che questo nuovo virus, di cui conosciamo pochissimo, non sarà il primo virus respiratorio della storia della medicina a sfuggire completamente all’immunità indotta dalla malattia o da vaccini molto potenti. Ma in questo caso avremo un grande vantaggio: i vaccini a mRNA possono essere modificati molto rapidamente, per cui quello che dobbiamo fare è sorvegliare l’andamento dell’epidemia per renderci conto senza ritardi della comparsa di varianti pericolose, senza cadere però nel panico in quanto non è per nulla certo che riusciranno ad emergere.
In altre parole, dobbiamo preoccuparci, non nel senso di avere paura, ma nel senso etimologico di questa parola che viene dal latino «prae» (prima) e «occupare» (occuparsi). La doverosa «preoccupazione» riguardo alle varianti non deve causare panico, ma fare in modo che vengano messi in atto in anticipo tutti gli strumenti di sorveglianza che ci consentano di accorgerci prontamente della comparsa eventuale di varianti pericolose e mettere in atto tempestivamente tutte le azioni che possano mitigarne l’impatto sulla nostra salute.
Questa è la direzione che deve farci prendere la «preoccupazione» per le varianti nella nostra lotta contro Covid-19. Tutto il resto è paura, false notizie, rumore.
Università Vita-Salute San Raffaele
Cautela
La doverosa preoccupazione non deve causare panico, ma fare attivare in anticipo tutti gli strumenti di controllo