«Inutilizzata una dose su 3»
Il commissario che guida la task force per aumentare la fornitura: «Sputnik? Più difficile da produrre, Mosca avrà bisogno del nostro aiuto»
Il commissario della Ue al Mercato interno Thierry Breton: i vaccini? Oggi 1 su 3 non è utilizzata.
«Ora la mia battaglia è permettere a tutti i cittadini europei e ai miei amici italiani di avere il più velocemente possibile le dosi di cui hanno bisogno. La capacità di produzione in Europa arriverà a 2-3 miliardi di dosi all’anno: questo è l’obiettivo che abbiamo per fine anno». Il francese Thierry Breton, commissario al Mercato interno, all’Industria e al Digitale, è alla guida della task force creata all’inizio di febbraio dalla Commissione Ue per lavorare con le aziende e i governi per accelerare la produzione di vaccini anti-Covid sul territorio europeo.
Qual è la situazione?
«In Europa abbiamo cercato di fare in modo che i vaccini messi sul mercato avessero tutti l’autorizzazione dell’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali. Tutti i Paesi hanno deciso di fare così per ragioni di sicurezza sanitaria, per essere sicuri che non ci fossero effetti secondari. In molti Paesi, tra cui l’Italia e la Francia, c’è un certo numero di cittadini che ha ancora un po’ di paura verso i vaccini».
Uno Stato membro è obbligato ad aspettare l’Ema?
«Se un Paese per delle ragioni di urgenza vuole non aspettare l’autorizzazione dell’Ema può farlo ma a suo rischio e pericolo, e non ha la garanzia totale della sicurezza scientifica fornita dall’Ema. La Gran Bretagna ha scelto questa via e ha dato il via libera almeno un mese prima di noi, che abbiamo atteso di avere la documentazione completa: Pfizer—BioNTech è stato approvato il 22 dicembre, Moderna il 6 gennaio e AstraZeneca il 29 gennaio. Londra rispettivamente il 2 dicembre, l’8 gennaio e il 30 dicembre. Gli Stati Uniti invece per i primi due circa un mese prima di noi e AstraZeneca non ancora».
L’Ue è in ritardo?
«Le dosi negli Usa sono state consegnate circa cinque settimane prima che in Europa. Noi abbiamo questo ritardo perché abbiamo voluto essere sicuri al cento per cento che i vaccini non avessero rischi per i cittadini Ue. A oggi sono stati consegnati in Europa circa 43 milioni di dosi, negli Usa circa 96 milioni. Quattro settimane fa gli Stati Uniti erano a 50 milioni. Ecco come nasce lo scarto con gli Usa. Alla fine di marzo il nostro obiettivo è arrivare a 95-100 milioni di dosi. Ma a fronte dei 43 milioni di dosi consegnate ne sono state somministrate 30 milioni 204 mila. All’Italia sono state consegnate 6.542.260 dosi e ne sono state somministrate 4.434.131. Gli Stati membri devono mettere in pratica velocemente la loro politica vaccinale perché la capacità di produzione di dosi aumenta di settimana in settimana. Lo scarto non c’è solo in Italia ma anche in altri Paesi, come Francia o Spagna».
Cosa sta facendo la task force di cui è alla guida?
«Una volta ottenuta l’autorizzazione, le case farmaceutiche devono essere in grado di aumentare la produzione. In Europa abbiamo 16 impianti che producono il materiale iniziale per i vaccini, 4 impianti che fanno gli ingredienti attivi e il “fill&finish” cioè l’ultima fase di riempimento dei flaconi e 21 impianti per il solo “fill & finish”, tra cui due italiani (uno a Rosia e uno ad Anagni, ndr). Verrò a visitarne uno nei prossimi giorni. Sono entrato in contatto con le aziende che hanno avuto le autorizzazioni per verificare che l’aumento della produzione si svolga correttamente. Abbiamo firmato contratti con società che avevano impianti in Europa, perché per crearne da zero ci vogliono 4-5 anni. Per trasformare le linee di produzione di solito servono almeno due anni ma in un’economia di guerra come questa il tempo sarà ridotto a 5-6 mesi».
Quali sono le difficoltà?
«Bisogna creare le condizioni perché la filiera possa continuare a fornire in modo preciso tutti gli elementi utili. Per fare un vaccino mRNA servono tra i 400 e i 500 componenti di natura diversa. Ho creato un’équipe per verificare che tutti gli elementi delle supply chain, che sono mondiali, funzionino bene: non c’è alcun Paese al mondo che possa produrre da solo un vaccino».
Chi ha gli impianti sarà avvantaggiato?
«La distribuzione non è nazionale, tutti i Paesi Ue vengono riforniti allo stesso tempo in proporzione alla popolazione. Per una fiala concorrono le industrie di tutta l’Ue».
Il meccanismo di autorizzazione per l’export di vaccini fuori Ue sta funzionando?
«Questo strumento è importante per poter controllare rapidamente cosa succede. Non è uno strumento diretto contro gli altri Paesi. Se una società vuole esportare dall’Ue dei vaccini deve domandare alle autorità locali il permesso di farlo e se l’autorità lo nega non li può esportare. Serve per vigilare se uno dei fornitori impegnati con l’Ue non rispetta il calendario di consegne: c’è trasparenza e si può negoziare».
Ha già avuto contatti con il premier Mario Draghi?
«Non ancora personalmente, ma la presidente Ursula von der Leyen si è confrontata con lui».
Ungheria e Slovacchia stanno già usando il vaccino russo Sputnik V. Ci sono rischi?
«Non mi pronuncio sulla qualità perché non la conosco e spero che i russi presentino domanda all’Ema. Se guardiamo all’Ungheria, Mosca ha consegnato 46 mila dosi di Sputnik V: vuol dire niente. Di fatto attualmente non c’è la disponibilità del vaccino russo, che è due volte più difficile da produrre rispetto agli altri. Alla fine credo che Mosca avrà bisogno del nostro aiuto».
I contratti
In Europa sono coinvolti 41 impianti, di cui due in Italia. Verrò a visitarne uno noi prossimi giorni