Piano vaccini nelle carceri L’impegno di Cartabia per accelerare la campagna La visita al Dap: «Sono una comunità da proteggere»
In sei prigioni italiane, tra Abruzzo e Sicilia, le somministrazioni di vaccino antiCovid sono già cominciate per tutte le tre categorie interessate: agenti penitenziari, operatori e detenuti. Altrove si sta procedendo per una o due insieme, in attesa di arrivare a tutti, ma il programma del governo è accelerare i ritmi in ogni istituto. «Oggi è urgente, urgente — ripete due volte la ministra della Giustizia Marta Cartabia — che la vaccinazione prosegua velocemente».
Lo ha detto ieri, durante la visita ai vertici dell’Amministrazione penitenziaria, al fianco del capo Dipartimento Dino Petralia e del vice Roberto Tartaglia. Un ulteriore segnale di attenzione verso il mondo della carceri dopo l’incontro, all’indomani della nomina, con il Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma. Attenzione gradita dal sindacato degli agenti di custodia, che ha manifestato il proprio «apprezzamento» per l’intervento della Guardasigilli.
A fronte dell’emergenza coronavirus, le prigioni sono state inserite dal governo tra i «luoghi di comunità» sui quali intervenire prioritariamente. Come le scuole. Perché sono ambiti, spiega Cartabia, «dove il benessere di ciascuno alimenta quello di tutti, e dove il disagio, la paura e la malattia di uno si riverbera su tutti». La pandemia ha reso ancora più evidente, e drammatica, questa realtà: «Non trascuriamo mai questa dimensione comunitaria».
Parole che lasciano comprendere come, nella visione della neo-ministra che già da giudice costituzionale e poi da presidente della Consulta si era dedicata con grande coinvolgimento a questo tema, il pianeta carceri non sia un «mondo a parte», bensì una componente della società. Con tutte le sfaccettature e le contraddizioni traslate dall’esterno all’interno di quell’universo chiuso. Non a caso Cartabia terrà per sé la delega sulla realtà penitenziaria.
Le criticità delle carceri non sono legate solo al Covid, come ricorda l’associazione Antigone che sta per presentare il suo rapporto intitolato «Oltre il virus», ma lì i problemi legati al contagio rischiano di essere più dirompenti che altrove. Da qui la necessità di sveltire il piano vaccinale affidato alle Regioni e alle Asl. Secondo i dati diffusi ieri i detenuti positivi al test sono 410 (in calo rispetto ai 431 della settimana precedente) a fronte di 52.644 reclusi. Tra loro 25 sono «nuovi giunti» che hanno contratto il virus prima di entrare, 380 sono asintomatici e 30 ricoverati (13 negli istituti e 17 fuori). Sono in aumento, invece, gli agenti penitenziari contagiati: 562 (su 36.939 in servizio) a fronte dei 537 della settimana scorsa. Tre di loro sono morti di recente, vittime di un focolaio particolarmente violento divampato nell’istituto di Carinola,
in provincia di Caserta.
Tra pochi giorni cadrà l’anniversario delle rivolte scoppiate tra il 7 e l’8 marzo 2020, dopo l’annuncio delle prime restrizioni dovute al coronavirus, estese anche alle carceri. Alla fine si contarono 13 detenuti morti, e non c’è ancora chiarezza sulla loro fine. Oggi la situazione viene considerata non allarmante, ma l’attenzione resta alta: si tratta sempre di «comunità» a rischio.
Vita di gruppo
«Qui il benessere di ciascuno alimenta quello di tutti, il disagio si riverbera su tutti»