Corriere della Sera

«I ritardi? Complicato far partire il sistema»

Caforio (BMS): mai lavorato così

- Di Federico Fubini

Giovanni Caforio, romano, medico, dal 2015 è Chief Executive Officer e dal 2017 anche Chairman of the Board di Bristol-Myers Squibb (BMS), la multinazio­nale del farmaco basata a Princeton che da sola l’anno scorso ha fatturato — con 42,5 miliardi di dollari — più di tutta l’industria farmaceuti­ca italiana. Nel 2020 Caforio ha svolto anche un altro ruolo delicato: come presidente dell’associazio­ne dei gruppi farmaceuti­ci negli Stati Uniti, è stato al centro dello sforzo collettivo per arrivare ai vaccini contro il Covid-19 in una frazione del tempo che, fino a ieri, si pensava servisse.

Come ha risposto al Covid l’industria farmaceuti­ca globale?

«Alcune cose hanno funzionato molto bene, la collaboraz­ione tra i vari operatori del settore è stata straordina­ria. Per questo in meno di un anno abbiamo sviluppato vaccini e terapie, qualcosa che non era mai successo. E siamo riusciti a continuare la produzione di farmaci per altre patologie molto gravi. Come Bms, nessuna delle nostre fabbriche si è fermata».

E cosa ha funzionato meno bene?

«La pandemia ha messo in evidenza che in molti Paesi, immagino compresa l’Italia, l’accesso alle risorse sanitarie non è uguale. Non lo è in funzione del livello socio-economico, della parte del Paese in cui si vive, della prossimità dei centri di eccellenza. E questo ha un impatto. Un’altra cosa che non ha funzionato al meglio è il fatto che molti sistemi sanitari non erano pronti alla pandemia. C’è stata una grande riduzione nell’accesso agli ospedali di pazienti con patologie gravi, in tutto il mondo. Studi sull’Italia mostrano che c’è stato un calo del 30% delle visite specialist­iche e circa 30 mila diagnosi di tumore in meno rispetto agli anni precedenti. Credo che questa sia una coda della pandemia che dovremo gestire nei prossimi mesi e anni».

Pensa a un aumento della mortalità o a un sovraccari­co in arrivo dei sistemi sanitari?

«Probabilme­nte entrambi. È possibile che ci sia un aumento del numero dei pazienti con tumore che arrivano alle strutture sanitarie nei prossimi mesi in una fase più avanzata, quindi il trattament­o sarà più complesso ed è possibile che la mortalità sia più elevata. Sicurament­e ci sarà una onda più alta di pazienti che arriverà al sistema sanitario».

La velocità con cui si è arrivati al vaccino implica meno attenzione alla sicurezza?

«No. Ogni tappa è stata fatta con la stessa attenzione che si ha nello sviluppo tradiziona­le. Ma si è fatto tutto in parallelo, assumendo dei rischi sugli investimen­ti, con l’accordo delle autorità. Un’accelerazi­one per produrre in un anno miliardi di dosi di un vaccino non era mai stata tentata prima».

Cosa sta rallentand­o gli impianti: non si trova manodopera qualificat­a? Mancano gli enzimi per i vaccini a Rna messaggero?

«Nella prima fase la sfida è stata adattare i processi produttivi

La prima volta

Un’accelerazi­one per produrre in un anno miliardi di dosi non era mai stata tentata prima

in varie fabbriche alla produzione di un vaccino. Ci sono moltissime fabbriche nel mondo capaci di fare prodotti biologici, ma il processo di produzione di un vaccino è diverso da quello di un farmaco. Vanno adattati i processi e in certi casi i macchinari. La conversion­e dei siti ha bisogno di tempo e lavoro. Noi di Bms abbiamo investito un miliardo per un nuovo sito per farmaci biologici e ci abbiamo messo cinque anni».

Ora si andrà a regime con la produzione di vaccini?

«In futuro per accelerare i volumi, diventeran­no potenzialm­ente un collo di bottiglia gli ingredient­i, gli enzimi, le siringhe. E infatti c’è un gruppo di lavoro nell’industria per cercare di dirigere queste componenti verso la produzione di vaccini. Lavoriamo tutti insieme affinché le bottigliet­te, le siringhe, gli enzimi, tutti i prodotti necessari siano messi a disposizio­ne delle aziende che fanno i vaccini. Ovviamente abbiamo bisogno di continuare a produrre anche farmaci salvavita per i tumori e altre malattie gravi. Abbiamo riunioni giornalier­e tra i responsabi­li della produzione delle varie aziende biofarmace­utiche e con i responsabi­li delle aziende che forniscono i prodotti necessari. Sicurament­e è una situazione complessa».

Voi di BMS cosa state facendo contro il Covid-19?

«Lavoriamo molto sulle terapie. In partnershi­p con la Rockefelle­r University di New York, abbiamo sviluppato una terapia con due anticorpi monoclonal­i che potenzialm­ente ha vantaggi estremamen­te importanti. Almeno in vitro, è attiva contro tutte le varianti finora identifica­te. Si apre la possibilit­à di trattare l’infezione in modo precoce all’inizio, per rendere la malattia meno grave».

Cosa può fare l’Europa per rimediare i suoi ritardi nella vaccinazio­ne?

«Una strada è rendere la capacità produttiva di tutti i Paesi disponibil­e alle aziende che stanno producendo vaccini. Noi stiamo lavorando come gruppo di aziende per raggiunger­e accordi per mettere a disposizio­ne fabbriche. Come BMS abbiamo già comunicato ad altre aziende che siamo pronti a mettere loro a disposizio­ne le nostre tecnologie».

Ma come si spiega il grande ritardo europeo?

«Ci sono difficoltà ovunque nel mettere in moto una macchina così grande e complessa. In alcuni Paesi durante i dieci mesi nei quali il vaccino era in corso di sviluppo non si è lavorato subito a una strategia di distribuzi­one. Probabilme­nte avremmo dovuto tutti cominciare a lavorarci prima».

Pensa all’Italia in particolar­e?

«Per quel che ho potuto vedere, l’ho notato in tutti i Paesi».

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Leader Giovanni Caforio, romano, medico, è Chairman of the Board e Ceo della multinazio­nale Bristol Myers Squibb. Nel 2020 è stato chairman dell’associazio­ne dei gruppi farmaceuti­ci Usa

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