M5S, le espulsioni non si fermano E Di Battista: tornare per Conte? No
Fuori tre deputati assenti alla fiducia a Draghi. I ribelli preparano i ricorsi: Crimi nel mirino
Tre nuovi espulsi, in un’epurazione che sembra non avere fine dopo la cacciata di una quarantina di parlamentari colpevoli di avere votato contro la fiducia al governo Draghi. Un’operazione che sconcerta anche chi è rimasto e apre molti problemi al Movimento, visto che gli avvocati sono già al lavoro e stanno partendo anche le cause civili. Il tutto mentre Giuseppe Conte si è preso una pausa di riflessione per elaborare la proposta di leadership e i gruppi — disorientati e scossi dagli ultimi eventi — si riuniscono.
All’assemblea serale Vito Crimi annuncia: «È ai prossimi 30 anni che oggi dobbiamo pensare. Ed è con questa prospettiva che il presidente Conte ha dato la disponibilità ad accompagnarci nel percorso. Anche se ancora non abbiamo deciso niente sul suo ruolo». Assemblea infuocata, con Primo Di Nicola: «Basta caminetti, non rappresentate più nessuno».
L’ultima novità è l’espulsione di tre deputati, Cristian Romaniello, Yana Ehm e Simona Suriano. I tre erano assenti durante la fiducia, ma è stato accertato dai vertici che le loro erano assenze politiche. Nessuno si aspettava una reazione così dura. Romanello: «Una forza politica forte non attuerebbe una cosa del genere. E con questa debolezza, non si va lontano, nemmeno con Conte». Suriano: «Sono scioccata, non me lo aspettavo. Ho sempre chiesto il dialogo. Ma si preferisce epurare». Ehm: «Sono scossa».
Loro, come una quindicina di parlamentari, stanno valutando ricorsi e cause. Si contesta la violazione di sette articoli della Costituzione, del regolamento del Senato, di quello del gruppo M5S e dello Statuto. Al centro della causa, il ruolo di Vito Crimi che, dopo la modifica dello Statuto, viene considerato non titolato a decretare espulsioni. Non è così per Andrea Ciannavei, legale del Movimento: «La legge prevede l’istituto della prorogatio per le società di capitale e la estende anche alle associazioni».
La battaglia legale preoccupa non poco Beppe Grillo ma anche Giuseppe Conte. Che avrebbe chiesto una nuova associazione, per distanziarsi dalla bad company che rischia di addossarsi i risarcimenti. Ma l’operazione non decollerà perché è contrario Davide Casaleggio, che è fondatore dell’associazione attuale, insieme a Luigi Di Maio. Ma dietro le questioni legali, c’è il malessere politico. Basti sentire Giorgio Trizzino, moderato M5S, che ha studiato alla scuola di Piersanti Mattarella.
Assemblea infuocata
Lo scontro tra gli eletti e il reggente. Di Nicola: «Non rappresentate più nessuno, basta»
Trizzino parla di «cerchi magici e mediocri consorterie», della «pochezza di molti», di «scelte farlocche sui sottosegretari, studiate a tavolino per soddisfare voglie di potere, realizzando equilibri da circo equestre», di «acquiescenza masochistica». E conclude: «Nemmeno la visionarietà dell’Elevato potrà poggiare le basi sul vuoto degli arroganti».
Lo scontro continua anche tra gli espulsi e chi è rimasto. Barbara Lezzi attacca Fabio Massimo Castaldo, che avrebbe chiesto in chat le scuse di chi è stato espulso. Lui replica parlando di «disonestà intellettuale». E la Lezzi si rivolge ai vertici che valutano l’amnistia: «Non saranno i caminetti e i leader occulti improvvisati nelle call a farmi cospargere il capo di cenere». Ormai fuori, Alessandro Di Battista spiega: «Non ho lasciato M5S per l’assenza di Conte ma perché hanno fatto il governo con Draghi e Berlusconi»