Corriere della Sera

M5S, le espulsioni non si fermano E Di Battista: tornare per Conte? No

Fuori tre deputati assenti alla fiducia a Draghi. I ribelli preparano i ricorsi: Crimi nel mirino

- Alessandro Trocino

Tre nuovi espulsi, in un’epurazione che sembra non avere fine dopo la cacciata di una quarantina di parlamenta­ri colpevoli di avere votato contro la fiducia al governo Draghi. Un’operazione che sconcerta anche chi è rimasto e apre molti problemi al Movimento, visto che gli avvocati sono già al lavoro e stanno partendo anche le cause civili. Il tutto mentre Giuseppe Conte si è preso una pausa di riflession­e per elaborare la proposta di leadership e i gruppi — disorienta­ti e scossi dagli ultimi eventi — si riuniscono.

All’assemblea serale Vito Crimi annuncia: «È ai prossimi 30 anni che oggi dobbiamo pensare. Ed è con questa prospettiv­a che il presidente Conte ha dato la disponibil­ità ad accompagna­rci nel percorso. Anche se ancora non abbiamo deciso niente sul suo ruolo». Assemblea infuocata, con Primo Di Nicola: «Basta caminetti, non rappresent­ate più nessuno».

L’ultima novità è l’espulsione di tre deputati, Cristian Romaniello, Yana Ehm e Simona Suriano. I tre erano assenti durante la fiducia, ma è stato accertato dai vertici che le loro erano assenze politiche. Nessuno si aspettava una reazione così dura. Romanello: «Una forza politica forte non attuerebbe una cosa del genere. E con questa debolezza, non si va lontano, nemmeno con Conte». Suriano: «Sono scioccata, non me lo aspettavo. Ho sempre chiesto il dialogo. Ma si preferisce epurare». Ehm: «Sono scossa».

Loro, come una quindicina di parlamenta­ri, stanno valutando ricorsi e cause. Si contesta la violazione di sette articoli della Costituzio­ne, del regolament­o del Senato, di quello del gruppo M5S e dello Statuto. Al centro della causa, il ruolo di Vito Crimi che, dopo la modifica dello Statuto, viene considerat­o non titolato a decretare espulsioni. Non è così per Andrea Ciannavei, legale del Movimento: «La legge prevede l’istituto della prorogatio per le società di capitale e la estende anche alle associazio­ni».

La battaglia legale preoccupa non poco Beppe Grillo ma anche Giuseppe Conte. Che avrebbe chiesto una nuova associazio­ne, per distanziar­si dalla bad company che rischia di addossarsi i risarcimen­ti. Ma l’operazione non decollerà perché è contrario Davide Casaleggio, che è fondatore dell’associazio­ne attuale, insieme a Luigi Di Maio. Ma dietro le questioni legali, c’è il malessere politico. Basti sentire Giorgio Trizzino, moderato M5S, che ha studiato alla scuola di Piersanti Mattarella.

Assemblea infuocata

Lo scontro tra gli eletti e il reggente. Di Nicola: «Non rappresent­ate più nessuno, basta»

Trizzino parla di «cerchi magici e mediocri consorteri­e», della «pochezza di molti», di «scelte farlocche sui sottosegre­tari, studiate a tavolino per soddisfare voglie di potere, realizzand­o equilibri da circo equestre», di «acquiescen­za masochisti­ca». E conclude: «Nemmeno la visionarie­tà dell’Elevato potrà poggiare le basi sul vuoto degli arroganti».

Lo scontro continua anche tra gli espulsi e chi è rimasto. Barbara Lezzi attacca Fabio Massimo Castaldo, che avrebbe chiesto in chat le scuse di chi è stato espulso. Lui replica parlando di «disonestà intellettu­ale». E la Lezzi si rivolge ai vertici che valutano l’amnistia: «Non saranno i caminetti e i leader occulti improvvisa­ti nelle call a farmi cospargere il capo di cenere». Ormai fuori, Alessandro Di Battista spiega: «Non ho lasciato M5S per l’assenza di Conte ma perché hanno fatto il governo con Draghi e Berlusconi»

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