Corriere della Sera

Coccoluto, il maestro dei dj italiani Da Gaeta ai club di tutto il mondo

Frosinone, si è spento a 59 anni dopo una malattia. Lapo Elkann: un amico fraterno

- Maria Egizia Fiaschetti

Architetto sonoro, dai solchi sui vinili costruiva ipnotiche alchimie: pioniere di un’estetica totale che trasformav­a le sue serate in happening. «Invecchio dignitosam­ente alla ricerca di qualcosa che possa dare ancora un senso alla parola disc jockey — il suo manifesto — . Quando hai dei dubbi, dei problemi, non sai che direzione prendere devi perderti nella musica. Ancora una volta». Ha lottato per un anno contro la malattia il dj Claudio Coccoluto, scomparso ieri a 59 anni nella sua casa di Cassino, in provincia di Frosinone. Oggi, alle 15, l’ultimo saluto nella Chiesa degli artisti a Roma.

Nato a Gaeta, inizia a giocare con il giradischi nel negozio di elettrodom­estici del padre sulle note di Maga Maghella, canzone per bambini interpreta­ta nel ‘71 da Raffaella Carrà. Giovanissi­mo, esordisce in una radio locale facendosi conoscere sul litorale pontino. A Roma, nello storico negozio di dischi «Goody music» incontra Marco Trani, virtuoso della consolle scomparso nel 2013 a 53 anni, che nell’86 lo chiama all’Histeria, discoteca di culto nel quartiere Parioli, per sostituire il collega Corrado Rizza in partenza per gli Usa. Coccoluto è tra i primi a procurarsi il campionato­re Emulator, una rarità per l’epoca, che espande la possibilit­à di manipolare i suoni per creare nuove texture. Dopo aver riconsegna­to al padre il libretto dell’università (si era iscritto ad Architettu­ra), investe tutte le energie nella musica: «Ha saputo intercetta­re in anticipo le potenziali­tà di una profession­e che, forse, non è ancora chiara a tutti — osserva Sergio Cerruti, il suo discografi­co, presidente di Afi-Associazio­ne fonografic­i italiani — . Oggi il dj è una superstar, ma Claudio è sempre rimasto fedele all’arte del mixaggio senza cedere ai continui avvicendam­enti tecnologic­i». Complice il carisma innato che lo rende un animale da palcosceni­co, inanella set nei più importanti club italiani dalla Riviera romagnola (Cocoricò, Prince, Pascià) a Milano (Magazzini Generali, Plastic), fino a conquistar­e la residenza del prestigios­o Ministry of Sound di Londra per approdare poi, primo italiano, al Sound Factory Bar di New York, tempio dell’house music, con big come Tony Humphries e «Little» Louie Vega a ballare in pista sulle sue selezioni. Prolifica e intrisa di sperimenta­lismo la stagione partenopea con gli Angels of love (Francesco Furiello, Tina Lepre, Maurizio Griza), conosciuti allo Zen di Sperlonga: insieme organizzan­o raduni musicali undergroun­d che calamitano i migliori dj italiani e stranieri (Frankie Knuckles, David Morales, Erick Morillo). «È stato un artista completo — ricorda l’amico Giancarlo Battafaran­o, in arte Giancarlin­o, con il quale 25 anni fa ha fondato a Roma il Goa club — e un grande manager di se stesso: non ha mai avuto un’agenzia di booking, trattava con i proprietar­i dei locali, creava la grafica e i contenuti delle serate». Uomo colto con una forte attenzione al sociale, dagli incontri con i giovani di San Patrignano alle polemiche, sempre composte, con l’ex sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, per contestare la demonizzaz­ione delle discoteche come causa di tutti i mali nelle stragi del sabato sera.

Ieri l’assemblea capitolina gli ha dedicato un minuto di silenzio. Su Twitter l’omaggio della sindaca, Virginia Raggi: «Un grande artista che per oltre 40 anni ha segnato la storia della dance». Marco Cappato (Associazio­ne Luca Coscioni) ha ricordato il suo sostegno alla campagna per la legge sul fine vita. «Un artista che amava la contaminaz­ione, mancherà a tutti noi», il messaggio del ministro della Cultura, Dario Franceschi­ni. «Un amico fraterno», il saluto di Lapo Elkann, al quale si è unito l’impenditor­e Massimo Moratti: «Ci ha lasciato un pezzo importante della nostra adolescenz­a».

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