Corriere della Sera

L’AMORE DI CARLA PER SARKOZY NELLA BUONA E NELLA CATTIVA SORTE

- Aldo Cazzullo Brunella Guatta, Brescia Cara Brunella, © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Caro Aldo, anche le dichiarazi­oni d’amore verso un marito finito condannato soggiaccio­no alla spudorata visibilità dei social. Non è facile per nessuna moglie o compagna vivere una vicenda tanto dolorosa come quella capitata a Carla Bruni. Tuttavia, mi sarebbe parso più opportuno evitare di definire come accaniment­o folle la sentenza avversa al marito. Per una forma di rispetto verso quelle istituzion­i della République per cui si è tanto speso l’uomo che ama. Del resto la Francia è la patria di quest’amore, bello come il giorno, cattivo come il tempo. Non si può che augurare a marito e moglie di ritrovare buone stagioni.

Diciamo la verità: quando abbiamo saputo che Nicolas Sarkozy — che aveva divorziato subito dopo essere stato eletto presidente della Repubblica — si era fidanzato con Carla Bruni, un po’ tutti abbiamo pensato che sarebbe stata una storia passeggera. Invece sono ancora insieme; e Carla continua a difendere il marito, ormai lontano dal potere.

La mia impression­e su Sarkozy è questa. L’uomo era disinvolto, e qualche maneggio l’ha sicurament­e combinato; anche se meno di Chirac, e forse un decimo di Mitterrand. I francesi, o meglio una parte, se ne erano fugacement­e innamorati, ma non l’hanno mai sentito uno di loro. Il padre era un aristocrat­ico ungherese con radici ebraiche. Lui ha sposato una corsa, una spagnola e un’italiana. È astemio e odia i formaggi. Si impose promettend­o una destra forte, a metà strada tra il gollismo sociale di Chirac e la xenofobia lepenista. Non ebbe fortuna: eletto nel 2007, si beccò la grande crisi arrivata dall’America. Ma divenne rapidament­e inviso soprattutt­o per l’ambizione al limite della velleità di modernizza­re una Francia che la «rupture» — la rottura con il passato — la voleva solo a parole, e preferibil­mente nei settori e nelle categorie altrui. La destra italiana se ne infatuò quasi goffamente, per poi trattarlo da traditore quando con la Merkel rise di Berlusconi. Carla Bruni gli fu presentata da Jacques Séguéla, il pubblicita­rio che aveva inventato la «forza tranquilla» di Mitterrand. La incontrai per caso a Parigi due giorni prima del ballottagg­io del 2012, in cui il marito affrontava il socialista François Hollande. Carla passeggiav­a in boulevard Haussman, all’angolo con la rue Roy, dieci minuti a piedi dall’Eliseo, dove si era fermata davanti a un salon de toilettage, salone di moda e di bellezza canina. In vetrina c’era una nidiata di cuccioli. Lei si curvò a guardare, felice come una bambina: «Qu’ils sont mignons!», come sono carini. Il negozio si chiamava Calina («caline» in francese è una persona coccolona, affettuosa). Senza trucco, pantaloni chiari della tuta infilati negli stivali bassi di camoscio, un cappotto nero a celare i segni della gravidanza recente (aveva finalmente dato a Nicolas, già padre di tre maschi, una femmina, Giulia). Borsa non firmata, occhiali scuri. Non aveva la parrucca con cui si favoleggia­va si nascondess­e per passare inosservat­a tra la folla. Dalle quattro parole che disse, si capiva che aveva capito tutto: il marito avrebbe perso le elezioni, sia pure di misura; e la Francia avrebbe fatto pagare caro, a quel meteco dal nome strano, il tentativo di cambiarla.

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