Agnelli, l’Avvocato specchio delle contraddizioni italiane
Il libro di Alberto e Giancarlo Mazzuca in occasione del centenario della nascita
È stato una specie di monarca, un imprenditore, un modello, comunque un mito per un Paese che dei miti coltiva ancora il bisogno, e quindi anche uno specchio delle nostre contraddizioni. Per questo a cent’anni dalla sua nascita i fratelli Alberto e Giancarlo Mazzuca gli hanno dedicato un ritratto con «Gianni Agnelli in bianco e nero», edito da Baldini+Castoldi. In bianco e nero già, i colori della «sua» Juventus. Ma anche quelli di una vita non sempre segnata dalla fortuna. Anzi.
«Una vita che è quasi un romanzo: tutto cominciò quel 12 marzo del 1921», scrivono i fratelli Mazzuca, che provano a spiegare perché il mito di Gianni Agnelli sia intramontabile. Prendendo a prestito anche citazioni famose. Come quella di Federico Fellini: «Mettigli un elmo in testa, mettilo su un cavallo, è un re». O di Henry Kissinger: «Patriota italiano, grande europeo, amico dell’America». Di Charlie Chaplin: «Ha successo e il successo rende simpatici». Re, miliardario, patriota: senz’altro Gianni Agnelli (lo chiamavano così per distinguerlo dal nonno, Giovanni, il patriarca fondatore dell’impero) ha ricoperto molti ruoli: imprenditore, senatore a vita, presidente di Confindustria, ministro degli esteri “di fatto”. Avrebbe potuto diventare anche premier nei primi anni Novanta, ma rifiutò.
Piacevole come un romanzo, il libro si inoltra nella storia della famiglia, e di Gianni racconta tutto. Dai suoi rapporti con i top manager: in particolare Vittorio Valletta e Cesare Romiti, ma anche Carlo De Benedetti e Vittorio Ghidella. Di quelli con sindacato e politica, contrassegnati da amicizia e stima più frequentemente a sinistra. Delle frequentazioni con i banchieri come Enrico Cuccia, André Meyer, David Rockfeller. Delle relazioni con la famiglia. E in particolare con il fratello minore Umberto, che “sacrifica” due volte (seguendo le indicazioni di Cuccia) per ciò che considerava il bene della Fiat. E con il figlio Edoardo, morto suicida. Della sua preoccupazione per il passaggio di generazione: dopo la morte di Giovannino, figlio di Umberto, «tiene vicino John», il nipote diventato delfino, e «gli parla dei segreti della Fiat».
Dell’Avvocato si traccia anche un profilo di imprenditore che da un lato vive molto il suo tempo e dall’altro va ben più avanti. Non ha capito che «non funzionava più la formula delle Iri private che volevano fare tutto nei settori più diversi». Ma ha compreso che il futuro della Fiat era nell’unione con altri gruppi. E sarà questa l’eredità che verrà fatta propria da Elkann. Con Sergio Marchionne Fiat rileva Chrysler e nel 2014 nasce Fca, quindi si pensa a una fusione con Gm. Nel 2019 John propone una fusione con Renault, poi ritirata. Più tardi trapela la trattativa con Psa e nel 2021 nasce Stellantis. «Il sogno dell’Avvocato di avere una Fiat più grande in grado di poter stare sul mercato si è in qualche modo realizzato».