«Sace, così i nuovi i rischi per l’export made in Italy»
L’ad Latini: mobilitati 47 miliardi, per ripartire serve sostenibilità
Nella stagione della pandemia aumentano i rischi per le imprese italiane che esportano: innanzitutto i rischi di credito, vista la crisi e l’impennarsi mondiale del debito privato e pubblico (salito quest’ultimo di 24 mila miliardi a 281 mila miliardi, il 355% del Pil globale, dal 320% del 2019, dati Iif): peggiorano in 120 casi su 194. Poi i rischi politici per le tensioni sociali, e quelli climatici. Ma si intravvedono i segnali per una ripresa spiccata, a V, certo in funzione dell’evolversi nel mondo della campagna vaccinale.
Sono stimate peggiorare l’India e l’America Latina, restare stabili la Cina e gli Usa, mentre tra i Paesi in fase di riavvio ci sono il Giappone, l’Australia, il Senegal, il Kenya, anche la Germania. La ripartenza sarà nel solco di una parola, però: sostenibilità, intesa anche come benessere sociale. È ciò che farà la differenza fra le imprese del made in Italy per competere sui mercati internazionali.
Sono i risultati della Mappa dei rischi 2021 di Sace, «Rosso, giallo e green: i colori dei rischi e della ripresa sostenibile per l’export italiano nel 2021», alla quindicesima edizione (disponibile online sul sito Sace), presentata ieri al Corriere della Sera. Tra gli ospiti, le aziende che internazionalizzano con Sace: Enel X con il ceo Francesco Venturini; Saipem con Silvia Abrate, direttore Risk management supply chain; Coelmo (generatori) con la presidente Stefania Brancaccio. E imprenditori come Mariateresa Maschio (Mascar), Giulia Giuffré (Irritec), Elena Dallavalle (Motridal), Giuseppe Di Martino (ceo del pastificio omonimo).
Da quest’anno la mappa considera tre nuovi indicatori di sostenibilità, sviluppati con la Fondazione Enel, rappresentata ieri dal managing director Carlo Papa: cambiamento climatico, benessere sociale e transizione energetica. «Il 2020 ha portato con sé uno shock straordinario — ha detto Pierfrancesco Latini, ceo di Sace —, ma ha anche avuto l’effetto di focalizzare l’attenzione sulla necessità di investimenti di ampio respiro, cruciali per un vero rilancio del Paese. Non ci sarà una vera ripartenza senza un’economia pulita e circolare, una mobilità sostenibile e una profonda integrazione dei cicli industriali con tecnologie a basse emissioni».
Rodolfo Errore, presidente di Sace, ha parlato di «un’ambiziosa agenda verde». E fra le priorità emerge ora il benessere sociale. «La mappa 2021 dipinge un quadro dei rischi dai colori più accesi, ma con alcuni esempi di resilienza e opportunità che potranno partire dal superamento delle diseguaglianze, oltre che dalla transizione energetica», dice Alessandro Terzulli, capo economista di Sace, il cui passaggio azionario da Cassa depositi e prestiti al ministero del Tesoro sarebbe in via di conclusione, secondo la Reuters. Il peso di Sace nei rapporti con le imprese è destinato comunque ad aumentare. «Abbiamo mobilitato circa 25 miliardi nel 2020 più 22 miliardi di finanziamenti garantiti attraverso Garanzia Italia, in totale 47 miliardi per le imprese, un risultato eccezionale», ha detto Latini, annunciando per il nuovo piano industriale tre direttrici: «Più sostegno all’export, con un sistema evoluto di coassicurazione fra Sace e il ministero dell’Economia; una nuova operatività a supporto del mercato domestico; il supporto alla sostenibilità con le risorse del Green New Deal».
In testa alle incognite per chi esporta c’è il rischio di credito, cioè che la controparte estera non onori i debiti. Sace stima che l’India lo aumenti di otto punti, salendo a 65 in una scala da zero a 100. E che la Repubblica Sudafricana salga di sette punti a 62, il Regno Unito post Brexit di quattro punti a 34; il Brasile di due punti a 57. Più due punti anche per il Giappone, con un voto che resta però basso (24), come la Germania (14, più un punto). Alto invece il rischio in Russia: 62, più due punti.
Controparte estera
In testa alle incognite c’è il rischio di credito, cioè che la controparte estera non onori i debiti