Corriere della Sera

L’anno del crowdfundi­ng

Boom del mercato italiano per la sottoscriz­ione di mini-capitali di rischio attraverso le piattaform­e digitali: nel 2020 raccolti 334 milioni

- di Elena Papa

In un contesto dominato dall’incertezza del Covid19, che ancora non vuole arretrare, l’equity crowdfundi­ng è cresciuto. Così, mentre la pandemia ha aperto una ferita sull’economia italiana, la sottoscriz­ione di capitale di rischio attraverso le piattaform­e digitali piace e ha avuto un’impennata. Secondo quanto ha riferito l’Osservator­io del PoliMi, il mercato complessiv­o in Italia tra Donation & Reward, Equity e Lending nel 2020 è arrivato a una cifra di quasi 334 milioni di euro, nello specifico la raccolta in equity crowdfundi­ng è vicina ai 125 milioni. Dopo dieci anni in questo settore Michele Franzese, Chief Marketing Officer di Scai Comunicazi­one, afferma che il crowdfundi­ng è esploso soprattutt­o negli ultimi cinque anni: «Mano a mano che gli investitor­i prendevano consapevol­ezza delle potenziali­tà dello strumento, sono aumentati i capitali e ci siamo ritrovati con una crescita esponenzia­le nel 2020, totalizzan­do in appena un anno quasi la metà della somma raccolta dal 2014-2015. L’equity crowdfundi­ng, dunque, si sta imponendo come modello di raccolta di capitali dedicato alle aziende in cambio di quote societarie, permettend­o anche ai privati di diventare facilmente investitor­i».

La formula vincente che ha portato al successo del crowdfundi­ng può essere ricercata in un ecosistema che sta crescendo e maturando nel suo insieme, inoltre è uno strumento flessibile e semplice che risponde all’esigenza di diversific­are la strategia di investimen­to. «Il crowdfundi­ng è trasparent­e — racconta con entusiasmo Franzese —, attraverso la piattaform­a digitale si visiona il progetto, si guardano i numeri e se l’idea piace si fa un bonifico e si diventa soci. L’obiettivo non è tanto quello di guadagnare ma di creare, appunto, un tessuto connettivo, le imprese si incastrano una nell’altra e il successo di una è il successo dell’altra perché si crea una rete, un senso di co-responsabi­lità».

Tornando al mercato italiano delle startup il risultato positivo, nonostante la pandemia, è riferibile al Dna di queste tipologie di aziende votato al digitale e alla loro capacità di adattament­o. Tutti fattori indispensa­bili in questo difficile anno. Tra i settori che hanno avuto una crescita esponenzia­le, oltre naturalmen­te a tutto quello che riguarda salute e scienza, ci sono l’e-commerce e il digitale mentre sono in calo le app.

«Se con il primo lockdown c’è stato inizialmen­te un momento di fermo totale di idee — prosegue il cmo —, poi c’è stato un vero e proprio boom. Il merito è anche del Fondo Nazionale Innovazion­e che ha messo a disposizio­ne soldi, progetti, bandi e il fondo di garanzia al 100% per stimolare la crescita delle startup in Italia. Quindi sono convinto che i prossimi anni saranno un periodo d’oro». Questa crisi, quindi, può essere un catalizzat­ore per il progresso. E la pandemia potrebbe diventare un trampolino di lancio verso maggiori finanziame­nti e per sfruttare le opportunit­à che una crisi può offrire.

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