Corriere della Sera

Senza mangiare da 55 giorni L’ex terrorista spacca la Grecia

Koufodinas uccise anche il cognato del premier. È a un passo dal coma

- di Andrea Nicastro

Per la prima volta da 40 anni, in «una nazione civile» (come scrisse allora l’Hindustan Times) un uomo rischia di morire di fame mentre è sotto la custodia dello Stato. Nel 1981 toccò a Bobby Sands, militante dell’Ira, che chiedeva condizioni di prigionia dignitose per i terroristi nordirland­esi. Margaret Thatcher, premier britannica dell’epoca, promise di cambiare per poi rimangiars­i tutto. Sands, condannato a 14 anni per possesso d’armi da fuoco, si lasciò morire con 66 giorni di sciopero della fame. Divenne il simbolo della disumanità del conflitto tra Irlanda del Nord e Londra e, probabilme­nte, il suo sacrificio contribuì a cambiare la politica, da una parte e dall’altra.

Nel 2021, in Grecia, Dimitris Koufodinas è arrivato al suo 55° giorno di digiuno. Per i medici è ad un passo dal coma. Da qualche giorno sta anche rifiutando di bere e le sue condizioni peggiorano rapide. Koufodinas era il leader di «17 Novembre» un gruppo terroristi­co anticapita­lista e nazionalis­tico responsabi­le di decine di attentati contro obiettivi eccellenti. Koufodinas, nome di battaglia «Lucas», è un killer con 11 ergastoli da scontare. È in sciopero della fame per protestare non a nome del gruppo, ma di se stesso. Considera anticostit­uzionale il suo recente trasferime­nto in un carcere di massima sicurezza dopo anni passati in uno «agricolo» dove ha goduto anche di permessi premio. Lo Stato nega di poter cedere a quello che definisce «ricatto» e conferma solo il diritto del detenuto a fare ricorso contro il trasferime­nto.

C’è però un non detto che avvelena il confronto legale, un sospetto che ha spinto migliaia di persone ad appoggiare la richiesta di Lucas nelle strade di Atene e Salonicco e che ha indotto persino l’unione dei giudici progressis­ti greci a chiedere un ripensamen­to: tanta durezza contro un nemico sconfitto dalla legge e dalla storia, com’è Koufodinas, si spiega solo — dicono — come una vendetta personale. In Grecia il collegamen­to tra l’ex terrorista e l’attuale primo ministro è immediato per chiunque. Tra le vittime di Lucas c’è, infatti, anche Pavlos Bakoyannis che, all’epoca dell’omicidio, era il leader di Nuova Democrazia, partito egemone del centrodest­ra, ed esponente della maggior dinastia politica del Paese. Suo figlio è oggi sindaco di Atene e suo cognato è Kyriakos Mitsotakis, vale a dire il successore alla guida del partito nonché primo ministro. Il sospetto di un trattament­o «duro» verso il detenuto va a braccetto con quello di un trattament­o «rilassato» ricevuto sotto il precedente esecutivo di sinistra.

Nessuno parla di «compagno che ha sbagliato», ma l’arco politico si è spaccato come ai tempi della Guerra fredda. Pro o contro l’ex terrorista, destra e sinistra sembrano tutt’altro che morti in Grecia.

I crimini di Lucas sono figli dell’antiameric­anismo, del mito di Che Guevara. I cortei gridavano «10, 100, 1.000 Vietnam». Il movimento «17 Novembre» nato contro la dittatura, continuò gli attentati anche con la democrazia e Lucas, tra gli ultimi ad arrendersi, non se n’è mai pentito. Di quell’humus politico-culturale scrisse Vassilis Vassilikos nel suo «Z, l’orgia del potere» da cui il regista Costa-Gavras ha tratto uno dei suoi film da Oscar. Vassilikos e Gavras stanno con Lucas. «Il premier — ha detto Gavras — rispetti la legge e riporti il condannato alla prigione precedente». Anche l’ex premier Alexis Tsipras (sinistra) appoggia le richieste del terrorista: «La democrazia è forte quando le leggi vengono applicate in maniera equa e non vendicativ­a». Ancora più decisa l’associazio­ne «Iniziativa per i diritti dei prigionier­i»: «rischiamo un’esecuzione rituale per vendetta familiare». Il governo (destra) tace.

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Killer Dimitris Koufodinas è stato il leader di «17 Novembre»

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