Senza mangiare da 55 giorni L’ex terrorista spacca la Grecia
Koufodinas uccise anche il cognato del premier. È a un passo dal coma
Per la prima volta da 40 anni, in «una nazione civile» (come scrisse allora l’Hindustan Times) un uomo rischia di morire di fame mentre è sotto la custodia dello Stato. Nel 1981 toccò a Bobby Sands, militante dell’Ira, che chiedeva condizioni di prigionia dignitose per i terroristi nordirlandesi. Margaret Thatcher, premier britannica dell’epoca, promise di cambiare per poi rimangiarsi tutto. Sands, condannato a 14 anni per possesso d’armi da fuoco, si lasciò morire con 66 giorni di sciopero della fame. Divenne il simbolo della disumanità del conflitto tra Irlanda del Nord e Londra e, probabilmente, il suo sacrificio contribuì a cambiare la politica, da una parte e dall’altra.
Nel 2021, in Grecia, Dimitris Koufodinas è arrivato al suo 55° giorno di digiuno. Per i medici è ad un passo dal coma. Da qualche giorno sta anche rifiutando di bere e le sue condizioni peggiorano rapide. Koufodinas era il leader di «17 Novembre» un gruppo terroristico anticapitalista e nazionalistico responsabile di decine di attentati contro obiettivi eccellenti. Koufodinas, nome di battaglia «Lucas», è un killer con 11 ergastoli da scontare. È in sciopero della fame per protestare non a nome del gruppo, ma di se stesso. Considera anticostituzionale il suo recente trasferimento in un carcere di massima sicurezza dopo anni passati in uno «agricolo» dove ha goduto anche di permessi premio. Lo Stato nega di poter cedere a quello che definisce «ricatto» e conferma solo il diritto del detenuto a fare ricorso contro il trasferimento.
C’è però un non detto che avvelena il confronto legale, un sospetto che ha spinto migliaia di persone ad appoggiare la richiesta di Lucas nelle strade di Atene e Salonicco e che ha indotto persino l’unione dei giudici progressisti greci a chiedere un ripensamento: tanta durezza contro un nemico sconfitto dalla legge e dalla storia, com’è Koufodinas, si spiega solo — dicono — come una vendetta personale. In Grecia il collegamento tra l’ex terrorista e l’attuale primo ministro è immediato per chiunque. Tra le vittime di Lucas c’è, infatti, anche Pavlos Bakoyannis che, all’epoca dell’omicidio, era il leader di Nuova Democrazia, partito egemone del centrodestra, ed esponente della maggior dinastia politica del Paese. Suo figlio è oggi sindaco di Atene e suo cognato è Kyriakos Mitsotakis, vale a dire il successore alla guida del partito nonché primo ministro. Il sospetto di un trattamento «duro» verso il detenuto va a braccetto con quello di un trattamento «rilassato» ricevuto sotto il precedente esecutivo di sinistra.
Nessuno parla di «compagno che ha sbagliato», ma l’arco politico si è spaccato come ai tempi della Guerra fredda. Pro o contro l’ex terrorista, destra e sinistra sembrano tutt’altro che morti in Grecia.
I crimini di Lucas sono figli dell’antiamericanismo, del mito di Che Guevara. I cortei gridavano «10, 100, 1.000 Vietnam». Il movimento «17 Novembre» nato contro la dittatura, continuò gli attentati anche con la democrazia e Lucas, tra gli ultimi ad arrendersi, non se n’è mai pentito. Di quell’humus politico-culturale scrisse Vassilis Vassilikos nel suo «Z, l’orgia del potere» da cui il regista Costa-Gavras ha tratto uno dei suoi film da Oscar. Vassilikos e Gavras stanno con Lucas. «Il premier — ha detto Gavras — rispetti la legge e riporti il condannato alla prigione precedente». Anche l’ex premier Alexis Tsipras (sinistra) appoggia le richieste del terrorista: «La democrazia è forte quando le leggi vengono applicate in maniera equa e non vendicativa». Ancora più decisa l’associazione «Iniziativa per i diritti dei prigionieri»: «rischiamo un’esecuzione rituale per vendetta familiare». Il governo (destra) tace.