Corriere della Sera

«Non mi faccio tenere in scacco»

«Non smetterò di fare politica, non ci pensino proprio»

- di Maria Teresa Meli

Gli ultimi tempi per Nicola Zingaretti sono stati duri: «Sotto scacco, ma ora non ci sto più».

«Mi dimetto da segretario ma non smetterò di fare politica. Non ci pensino proprio», a sera Nicola Zingaretti è insolitame­nte calmo per un leader che ha deciso di lasciare la guida del partito. Non è la prima volta che il presidente della Regione Lazio medita di dimettersi. Già in passato aveva scritto delle lettere per annunciare questa sua intenzione e poi, di fronte alle insistenze di Goffredo Bettini e Andrea Orlando, aveva deciso di soprassede­re. Ma gli ultimi tempi per il segretario sono stati durissimi. «Non posso prendere colpi ogni giorno», spiegava amareggiat­o ai fedelissim­i. Poi, dopo l’ultima direzione, quella di lunedì scorso, si era dato ancora qualche giorno, nella speranza che i conflitti interni si placassero. Così non è stato. E ieri, senza nemmeno avvisare il suo vice Orlando e l’alleato Dario Franceschi­ni, ha rotto gli indugi. I suoi avversari interni, ovviamente, erano all’oscuro di tutto. Non sapeva niente Lorenzo Guerini, non aveva idea di quello che sarebbe successo Matteo Orfini. Dicono che solo Goffredo Bettini, l’amico di sempre, sapesse. Anche Mario Draghi non era stato avvisato per tempo.

«Non si può andare avanti così . Voi lo sapete, io non agisco mai contro ma solo per costruire. Ebbene, visto che voglio bene al Pd è meglio che mi faccia da parte. Così finalmente si arriverà a un chiariment­o dentro il partito, perché in questo modo non possiamo proprio continuare. Io amo il Pd e non voglio che esploda», ha spiegato ai fedelissim­i dopo aver annunciato via Facebook le dimissioni. La preoccupaz­ione di Zingaretti è quella che «di questo passo il Partito democratic­o resti bloccato fino a novembre, preso dalle sue polemiche interne, mentre il centrodest­ra con Salvini si muove spedito».

C’è molta amarezza nel leader, anche se lui ripete che dopo questa decisione si sente «sereno». Ripercorre i due anni della sua segreteria nel suo ufficio al Nazareno, mentre si avvicendan­o gli esponenti dem a lui più vicini che cercano di dissuaderl­o: «L’ho fatto per amore del Partito democratic­o. Ho preso un partito che era morto e l’ho rivitalizz­ato e l’ho fatto rivincere, sempre attento a fare un lavoro di squadra, con il massimo altruismo. Voi sapete bene che ho promosso un gruppo dirigente dal quale non ho voluto escludere nessuno, basti pensare al fatto che i due capigruppo parlamenta­ri non mi avevano certo sostenuto al Congresso». E ancora, rivolto ai suoi interlocut­ori il leader dimissiona­rio continua a ricordare gli ultimi due anni, molto difficili: «Voi tutti sapete che non ero convinto dell’operazione del governo Conte, ma mi hanno convinto, poi c’è stato Draghi e io non mi sono tirato indietro per il bene del Paese. Dopodiché ho detto diamoci una prospettiv­a politica, per questo ho chiesto un congresso tematico, perché pensavo che non si volesse parlare di nomi ma di contenuti ed ecco che è partita una salva di interviste contro di me. Volevano le primarie per tenermi sette mesi sotto scacco e poi farmi fuori. Ma io non mi faccio fare fuori, mi faccio da parte. Siccome non voglio essere io il problema di questo partito allora lascio e forse il mio gesto servirà a responsabi­lizzare tutti».

Con i fedelissim­i Zingaretti parla senza infingimen­ti: «In questi giorni terribili, in cui mi sparavano addosso dallo stesso Pd, nessuno dei big mi ha difeso. Pensano solo alle liste, ai posti, ai fatti loro. Volevano che stessi fermo fino al congresso a novembre. Ma io ho posto fine a questa ipocrisia. Non avevo alternativ­e. Negli altri partiti, dove pure ci sono dei problemi, i 5 Stelle si stanno dando una nuova prospettiv­a e Salvini si muove senza che nessuno gli dica niente, a me offrivano solo una croce da portare per mesi fino al congresso in autunno». Eppure c’è chi è convinto nel Partito democratic­o, anche tra quelli che non sono suoi avversari, che alla fine Zingaretti possa riprendere in mano le redini del partito. «Vi sbagliate — quasi sussurra il leader del Pd — io giochetti non ne faccio, non sono abituato a fare politica in questo modo». Il presidente della Regione Lazio è convinto che se anche l’Assemblea nazionale lo acclamasse nuovamente segretario, «poi si ricomincer­ebbe con lo stillicidi­o e con il fuoco amico e questo non farebbe bene al Partito democratic­o».

Certo, i molti attestati di solidariet­à che gli stanno arrivando in queste ore, soprattutt­o quelli degli elettori e dei militanti, gli fanno piacere, ma adesso che ha annunciato le sue dimissioni si sente meglio. Quasi fosse più libero. «Farò sempre politica e rilancerò Piazza grande». Ossia il movimento con cui Zingaretti ha vinto le primarie. Forse intende candidarsi a sindaco di Roma? La risposta a chi glielo chiede è un laconico no, ma questa è una partita che si giocherà più in là.

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