Corriere della Sera

Errori, proteste E la Germania si interroga: siamo incapaci?

Ritardi, disorganiz­zazione, proteste contro le chiusure Sotto accusa i leader. Lo Spiegel: siamo un Paese rotto

- di Paolo Valentino

«Siamo diventati un Paese di inetti?». L’accusa arriva dalle pagine di Der Spiegel che punta il dito contro l’imprevista inefficien­za della Germania.

«Nel sedicesimo anno di governo della cancellier­a Merkel, si ha a volte la nauseante sensazione di vivere in un Paese rotto. Il maestro di scuola tedesco di una volta, che in tutti i suoi quaderni faceva stampare il marchio di qualità Made in Germany, è diventato nei confronti internazio­nali un pigro ritardatar­io che insegue».

Suona impietoso il j’accuse di Der Spiegel, che nella sua storia di copertina offre un quadro drammatico e sconsolant­e. Quello di un grande Paese che, mentre infuria la terza ondata della pandemia, «oscilla tra caos e ribellione» e i cui apparati «si mostrano oggi incapaci di organizzar­e una campagna di vaccinazio­ne» rapida e capillare. Nel momento in cui l’Europa guarda alla Germania come riferiment­o e guida, lo specchio tedesco restituisc­e un’immagine di confusione, inefficien­za, assenza di visione.

La promessa della cancellier­a che tutti i tedeschi avranno un’offerta di vaccinarsi entro la fine dell’estate non è più credibile. Anche se presto dovessero cominciare ad arrivare le sei milioni di dosi settimanal­i promesse, occorrereb­be un’infrastrut­tura per la loro distribuzi­one e somministr­azione: «Chi crede che nella Germania di oggi questo sia ancora possibile?», si chiede il settimanal­e. E non si tratta, secondo lo Spiegel, di errori o incidenti, inevitabil­i e comprensib­ili in una situazione di emergenza. Cresce in realtà l’impression­e di «debolezze sistemiche» e di «uno Stato disfunzion­ale», mentre il governo appare «passivo, stanco, privo di ambizioni ed erratico nella sua azione».

La lista delle recriminaz­ioni è lunga. Non c’è stata alcuna prevenzion­e, la deregulati­on della sanità ha deresponsa­bilizzato la mano pubblica, che non ha mai pensato a creare scorte di materiali necessari in casi di emergenze sanitarie. Giudicate inutili all’inizio, non c’erano riserve di mascherine quando si è scoperto che erano indispensa­bili. Per avarizia e grettezza di vedute, Berlino non ha spinto in modo energico a livello europeo perché fossero prenotati più vaccini, tanto più che il primo di questi era stato sviluppato in Germania. Con grande ritardo il governo federale ha preso in consideraz­ione i test rapidi, che già nella primavera del 2020 erano stati indicati dagli esperti come un mezzo efficace per facilitare le riaperture. Quando lo ha fatto, invece di ordinarli per tempo e distribuir­li a tappeto, ha cincischia­to esprimendo dubbi e discutendo dei rischi. Infine, la madre di tutti i fallimenti, la campagna di vaccinazio­ne iniziata benino prima di Natale e poi naufragata non solo per la scarsità delle dosi, ma anche perché non funziona nulla: la distribuzi­one, gli appuntamen­ti, l’amministra­zione digitale. La scorsa settimana, al momento del controvers­o stop ad Astra Zeneca, che ha finito per trascinare nell’errore anche il resto d’Europa, su 3,1 milioni di dosi del vaccino anglo-britannico già consegnate, 1,3 milioni non erano state ancora inoculate.

Ad aggravare il quadro, c’è un sistema federale che fa acqua da tutte le parti. Che si tratti di chiusure di parrucchie­ri e bordelli, di scuole, dell’obbligo delle mascherine o dell’organizzaz­ione delle vaccinazio­ni, ogni Land fa a modo suo. Con esiti esilaranti. A maggio i cori religiosi erano proibiti in Sassonia, ma permessi ad Amburgo. A ottobre chi stava a Colonia non poteva andare e pernottare a Magonza, mentre era possibile il contrario. Ogni ministropr­esidente cerca di profilarsi a spese degli altri, un occhio alle scadenze elettorali e un altro alle lotte interne di partito: «La Conferenza periodica della cancellier­a con i premier regionali è diventata il simbolo della confusione amministra­tiva e dell’impotenza della politica», dice il settimanal­e.

In tutto questo, Angela Merkel continua a voler moderare: «Se c’era una cosa che questa cancellier­a sa fare è gestire le crisi. Non vale più. Dalla seconda ondata, la politica del governo è una cronaca delle promesse infrante». Merkel conosce i dettagli, media strenuamen­te, tiene sempre i nervi saldi. Ma rimane estranea all’idea di battere per una volta i pugni sul tavolo con i premier riottosi. O di farsi carico di coordinare un approvvigi­onamento dei vaccini a livello europeo. «I suoi discorsi puntuali ma melodramma­tici al Bundestag — così der Spiegel —, i suoi appelli preoccupat­i sembrano a volte quelli di una nonna che chiede ai nipoti se abbiano indosso vestiti abbastanza caldi».

La parola

Ci si interroga sull’«Unfähigkei­t»: l’incapacità e l’incompeten­za dimostrate

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 ?? (Getty/Ap) ?? A sinistra, una donna protesta contro il lockdown e, a destra, lo spiegament­o di polizia contro i manifestan­ti a Kassel. La copertina dello Spiegel: vergogna e disonore
(Getty/Ap) A sinistra, una donna protesta contro il lockdown e, a destra, lo spiegament­o di polizia contro i manifestan­ti a Kassel. La copertina dello Spiegel: vergogna e disonore
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Cartelli e blindati

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