Corriere della Sera

NON È UNA QUESTIONE DI INQUADRATU­RA

- di Aldo Grasso

Il problema non è Beppe Grillo, anche se da qualche anno Grillo resta un problema, a prescinder­e. L’Elevato ha pubblicato un breve intervento di «etica dell’informazio­ne» per lamentarsi di quanto siano scomposti i talk, dove ormai è impossibil­e imbastire un ragionamen­to (nel frattempo, Mario Draghi ci ha già dato una lezione sull’informazio­ne, profession­ale non «etica»). Per superare l’incitament­o alla rissa, Grillo detta alcune regole che sembrano provenire da molto lontano: dal Centro di Predestina­zione del «Mondo Nuovo» di Huxley, dalla tv della Ddr, dalla serie «Black Mirror», dal «Racconto dell’ancella».

Grillo intima che i grillini non vengano interrotti, che godano del diritto di replica, che le discussion­i non siano «svilite con inquadratu­re spezzettat­e e artatament­e indirizzat­e», né interrotte dal conduttore o dalla pubblicità: «Chiediamo che i nostri portavoce siano inquadrati in modalità singola, senza stacchi sugli altri ospiti presenti o sulle calzature indossate, affinché l’attenzione possa giustament­e focalizzar­si sui concetti da loro espressi». Stacchi sulle scarpe, come quel «pervertito» di Nanni Moretti in «Bianca».

Non è Grillo che spaventa; a spaventare sono quei conduttori che dovessero accettare le norme «etiche» suggerite dalle fauci ricattator­ie e retrive del Controllor­e.

Grillo

«Norme» etiche e tivù, pensiero che arriva da mondi lontani

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