Tra i pionieri dello Sputnik a San Marino: «Fidarsi? Non c’è altro. E funziona»
Il micro Stato, vetrina (per Mosca) nel cuore d’Europa
La prima orbita di Sputnik V attorno alla Rupe è quasi completata con successo. La seconda inizia domani mattina alle 8, con la massiccia campagna dei richiami. Effetti collaterali? «Occasionali. Simili a quelli degli altri vaccini — testimonia il direttore sanitario dell’Ospedale di Stato della più antica repubblica al mondo, Sergio Rabini. Ma nulla di grave: al massimo un po’ di febbre 24 ore dopo la somministrazione, e per un paio di giorni. In un solo caso è durata 72 ore. Qualche dolore muscolare, cefalee. Bruciore nel punto in cui è stata praticata l’iniezione. Un paziente si è presentato al pronto soccorso per un fastidio alla gola, risolto con antistaminici».
Da domani, a San Marino, un’équipe di medici specializzandi dell’Università di Bologna monitorerà le sensazioni «a caldo» dei pionieri dello Sputnik, appena reduci dalla puntura. È passato quasi un mese da quando è stato trionfalmente stappato il primo dei 15 mila flaconcini inviati da Mosca al Monte Titano. Cominciando da medici, infermieri e operatori sanitari, 7.500 sammarinesi sono diventati gli apripista europei, dopo gli ungheresi e assieme agli austriaci, del vaccino russo ancora in attesa dell’approvazione delle agenzie del farmaco, Ema e Aifa, e quindi tuttora off limits nell’Ue. Ma il microstato extracomunitario è libero di fare acquisti in qualunque dispensa farmaceutica del pianeta e, in febbraio, ha stipulato con il Fondo sovrano russo un contratto per 33.500 dosi, a 10 euro l’una. «Più che contenta di averlo fatto — assicura Graziella, 65 anni, bidella in pensione, mentre aspetta seduta nella sala dei neo vaccinati eventuali reazioni allergiche, prima di tornarsene a casa —.
Mio marito ha ricevuto la dose giorni fa e sta benissimo. Per noi è l’inizio del ritorno in libertà. E comunque altro non c’è e bisogna fidarsi».
In realtà si sono aggiunte anche circa 5.000 fiale di Pfizer, cedute da Roma nella prima metà di marzo. Ma il piano vaccinale approvato in gennaio a San Marino prevede che siano destinate prioritariamente agli ultra 85enni e ai soggetti più fragili, pazienti oncologici o immunodepressi, indicati dai medici di base. Se, e si sottolinea il «se», le forniture dall’Italia e dalla Russia si mantengono puntuali, presto dovrebbero arrivare altre 45 mila dosi Pfizer sul Monte Titano, e 18.500 Sputnik V. Di che coprire il fabbisogno di tutti i 25-27 mila cittadini da corazzare contro il Covid (tolti quanti non hanno compiuto i 16 anni e un 10% di renitenti alle vaccinazioni) e pure dei sammarinesi sparsi nella penisola, oltre che dei 7 mila frontalieri che ogni giorno varcano gli impercettibili confini dalla Romagna e dalle Marche.«Lo faremo in nome di un principio solidaristico — afferma il segretario di Stato Teodoro Lonfernini, democristiano e titolare di vari portafogli, tra i quali il Lavoro e la Programmazione economica —. Anche nel nostro interesse: siamo circondati da zone rosse e, senza aiuti internazionali, dobbiamo far ripartire al più presto il lavoro e il turismo».
Se, e si ribadisce il «se», la macchina non si inceppa, all’attuale ritmo di 5-600 vaccinazioni al giorno, San Marino conta di raggiungere l’immunità di gregge a giugno. E il Cremlino di essersi conquistato per il suo Sputnik una lusinghiera vetrina, incastonata nel cuore del Vecchio Continente. «Nessuna strumentalizzazione geopolitica — frena il ministro Lonfernini —. Alla fine di dicembre avevamo disperato bisogno di vaccini e quelli attesi dall’Italia tardavano per ragioni tecniche che non addebitiamo a nessuno. Così abbiamo messo in moto la nostra rete diplomatica». E i russi sono amici fraterni di antica data del Titano. Come gli israeliani, con i quali è già stato aperto un terzo canale, per compensare con Moderna non improbabili ritardi di consegne dall’Italia e dalla Russia.