Decreto sostegni, protestano le partite Iva: servono più risorse
Cartelle esattoriali, il sottosegretario all’Economia, Durigon: va ampliata la platea dei beneficiari
Delusione e rabbia di partite Iva e liberi professionisti per le misure contenute nel nuovo decreto Sostegni. Nei comunicati ufficiali di associazioni di categoria e Ordini professionali si parla di briciole ed elemosina. Bocciata la bozza che prevedeva 3 mila euro a pioggia per gli autonomi e le partite Iva, ha prevalso un calcolo molto più penalizzante che porterà pochi spiccioli nelle tasche dei lavoratori autonomi. Alimentando così malumori e proteste da parte del popolo delle partite Iva. Unico aspetto positivo è l’eliminazione dei codici Ateco, un meccanismo che nei precedenti decreti Ristori aveva tagliato fuori dagli aiuti del 2020 intere categorie. «È la dimostrazione della necessità di riformare al più presto i codici Ateco — afferma Emiliana Alessandrucci, presidente del Colap, associazione che rappresenta i lavoratori autonomi —. Rimane il fatto che i sostegni sono insufficienti: le partite Iva sono state escluse ingiustamente dai ristori l’anno scorso e ora ci troviamo nella situazione in cui alcuni soggetti hanno preso doppi e tripli ristori, mentre gli autonomi rimangono solo con questo sostegno. Per molte microimprese che non sono rientrate tra i beneficiari degli aiuti pubblici questo contributo, che sarà intorno ai 1.000 euro, risulta assolutamente iniquo». Insorgono anche partite Iva particolarmente penalizzate dalla crisi come quelle legate a banqueting e catering: «Il primo DL del nuovo Governo Draghi, sul quale abbiamo riposto tanta fiducia, si è rivelato fonte di cocente delusione. Il sostegno economico è ampiamente
L’altolà dei dem
«Le risorse vadano a imprese e famiglie, non alle multe. O voteremo contro»
insufficiente a fronte di aziende ferme da 12 mesi e con perdite fatturato del 90%». Questa tornata di aiuti ai lavoratori autonomi e professionisti avrebbe dovuto sanare l’esclusione subita lo scorso anno: nel 2020 infatti partite Iva e professionisti ordinistici hanno ricevuto solo un bonus una tantum e sono stati esclusi da tutti i contributi a fondo perduto, predisposti dal governo Conte per fare fronte alla crisi generata dalla pandemia. Giusto per capire come si è arrivati al sostegno al ribasso dell’ultimo decreto, basta fare un paio di esempi per capire. Se una partita Iva ha dichiarato un fatturato di 50 mila euro nel 2019 (si tratta della fascia più numerosa tra le partite Iva) e un reddito da 25 mila euro nel 2020 ha subito il 50% delle perdite. Quindi nel 2019 guadagnava 4.100 euro al mese e nel 2020 poco più di 2 mila. La differenza è una perdita di 2 mila euro al mese. Il governo ha deciso di rimborsare il 60% della perdita mensile, quindi 1.200. Questa è la cifra che riceverà la partita Iva ma per l’intero 2020. Così chi avrà dichiarato 100 mila euro e perso il 50% degli introiti riceverà 2.400 euro. Davvero troppo poco.