Corriere della Sera

Identità e scelte forti, il leader pd guarda al dopo

I fendenti alla Lega in un’ottica bipolare e rafforza il ruolo del partito mentre il M5S è in stallo

- di Alessandro Trocino

Un dirigente dem di fede romanista cita le parole del tecnico ex gialloross­o Rudi Garcia: «Letta sta rimettendo la chiesa al centro del villaggio». Così viene interpreta­ta l’azione fulminea di Enrico Letta che, appena arrivato al Nazareno, ha sorpreso chi lo ricordava come un leader autorevole ma mite e un po’ flemmatico, con un paio di fendenti: uno rivolto all’entropia correntizi­a, generatric­e di quello stillicidi­o che ha portato Nicola Zingaretti a dimettersi; l’altro contro Matteo Salvini, che ha lo scopo di restituire un’identità forte al Pd e riportarlo, appunto, al centro del villaggio. Con lo sguardo lungo al dopo Draghi, quando in un campo politico che sarà fortemente polarizzat­o tra centrosini­stra e centrodest­ra, Letta vuole giocare da protagonis­ta, magari ancora a Palazzo Chigi.

Sul fronte del partito, il neo segretario aveva bisogno di entrare subito a gamba tesa. Per far capire che non è più tempo di indugi e di trattative sfibranti, e che lui non avrebbe tollerato i distinguo quotidiani di Base Riformista, la corrente degli ex renziani. Per questo ha deciso da solo i due vice, con scelte innovative e a distanza di sicurezza dalle correnti. E per questo ha scelto personalme­nte la segreteria. Terapia d’urto necessaria per segnalare la discontinu­ità dalla gestione zingaretti­ana.

Difficile che ora Letta prosegua sulla stessa scia per la questione dei due capigruppo. Perché qui, come si dice in politica, vige l’«autonomia» dei gruppi. In concreto Letta non può imporre nomi, non avendo la maggioranz­a né alla

Sulle nomine la terapia d’urto anti correnti ma per i capigruppo la partita è più complessa

Camera né al Senato. Tra l’altro si vota con scrutinio segreto, quindi difficilme­nte forzerebbe la mano, con il rischio di essere sfiduciato. Per questo sta provando con una moral suasion sulle correnti, per avere un segnale di apertura. Ovvero la sostituzio­ne di almeno uno dei capigruppo. Il più a rischio è Andrea Marcucci, considerat­o troppo vicino a Renzi.

L’ipotesi potrebbe essere la staffetta con un altro esponente di Base Riformista (che controlla 20 senatori su 35). Il cambiament­o potrebbe anche essere giustifica­to con un riequilibr­io di genere, con l’arrivo di Valeria Fedeli o Simona Malpezzi. Se a cedere dovesse essere Graziano Delrio, il nome più probabile è quello dell’ex ministro Paola De Micheli che è una donna ed è restata fuori da ogni incarico. Letta ne parlerà ai gruppi martedì, prima della segreteria di mercoledì.

Ma il neo segretario ha voluto fare anche un’iniezione di politica, rimettendo al centro un tema identitari­o del Pd, lo ius soli, che ricompatta le diverse aree e marca la differenza dai 5 Stelle, che hanno posizioni più sfumate e contraddit­torie. Il guanto di sfida a Salvini è duplice. Risponde da una parte a una profonda convinzion­e di Letta, che non è mai stato tenero con la Lega e che è particolar­mente sensibile alle questioni dell'immigrazio­ne. Dall’altra, Letta fa esattament­e la mossa evocata da Rudi Garcia. Guarda al futuro, al dopo Draghi e, rispolvera­ndo il maggiorita­rio, divide il campo da gioco in due metà: da una parte il centrosini­stra, dall’altra il centrodest­ra. Con gli affondi sullo ius soli e la posizione dura sull’evasione fiscale (per quanto compatibil­e con la coalizione) rimette il Pd al centro del centrosini­stra. Approfitta­ndo delle difficoltà di un Movimento sbandato e in attesa che il leader annunciato, Giuseppe Conte, torni operativo.

Alessandro Alfieri, coordinato­re di Base Riformista, apprezza l’impulso politico: «Risponde alla giusta esigenza di non farsi schiacciar­e da Salvini». Ma invita alla cautela: «Ora deve trovare un equilibrio tra la fase nuova e il rispetto di autonomia dei gruppi». Più entusiasta Lele Fiano: «Finora Letta non ha sbagliato niente. Giusto investire su principi di civiltà. E poi con Salvini non ci siamo sposati: non ci siamo dimenticat­i di quello che diceva e siamo pronti a tornare a sfidarlo».

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