Corriere della Sera

Violenza sulle donne: Erdogan cancella gli «impegni» presi

La Turchia si ritira dalla Convenzion­e di Istanbul: l’aveva firmata per prima 10 anni fa. Polonia in forse

- Monica Ricci Sargentini

Il colpo di spugna è arrivato nella notte. Un decreto presidenzi­ale che, senza una spiegazion­e, ritira l’adesione della Turchia alla Convenzion­e del Consiglio d’Europa sulla prevenzion­e e la lotta contro la violenza sulle donne, meglio nota come Convenzion­e di Istanbul perché qui fu aperta alla firma nel maggio del 2011. Ankara allora ne fu una grande sostenitri­ce, oggi è la prima a uscirne. Eppure quest’anno nel Paese nella Mezzaluna sono state già uccise 74 donne per mano di uomini, 300 nel 2020. Numeri drammatici, che si sono triplicati negli ultimi dieci anni e che dovrebbero spingere il presidente Recep Tayyip Erdogan ad inasprire le norme contro chi si macchia di femminicid­io o di abusi.

La rabbia delle donne è grande. In migliaia sono scese in piazza ieri in diverse città della Turchia gridando «Ritira la decisione, applica la Convenzion­e». Il corteo più folto ha sfilato a Kadikoy, roccaforte laica sulla sponda asiatica di Istanbul. «Ogni giorno ci svegliamo con la notizia di una donna uccisa — ha detto all’Ap Hatice Yolcu, una studentess­a della megalopoli sul Bosforo —. Le morti non finiscono mai».

L’opposizion­e è pronta dare battaglia. Secondo alcuni avvocati il trattato è ancora in vigore perché Erdogan non aveva il potere di cancellarl­o senza passare dal Parlamento. Ma ormai, dopo il referendum costituzio­nale del 2017, la Turchia è di fatto una repubblica presidenzi­ale. La questione sarà sicurament­e argomento di discussion­e nelle settimane a venire. Gokce Gokcen, il numero due del Chp, il principale partito di opposizion­e, ha parlato di una decisione «che relega le donne a cittadine di seconda classe e permette che vengano uccise».

Del possibile ritiro dal trattato si era parlato anche la scorsa estate quando persino Sumeyye Erdogan, la figlia del presidente, si era opposta. Oggi, però, appoggia il padre. «Al punto in cui siamo arrivati, la Convenzion­e ha ormai perso la sua funzione originaria e si è trasformat­a in una ragione di tensioni sociali» è la dichiarazi­one dell’associazio­ne di donne islamica Kadem, di cui lei è vicepresid­ente.

Lo scorso 8 marzo il presidente turco aveva condannato «ogni forma di violenza o costrizion­e, fisica e psicologic­a» nei confronti delle donne. Il governo sostiene di avere già armi affilate contro i femminicid­i e di aver lanciato persino un’app che allerta la polizia. Ma per l’Akp, il partito al governo, la Convenzion­e danneggia l’unità familiare, incoraggia il divorzio, promuove l’omosessual­ità e introduce concetti come l’identità di genere.

Dopo la richiesta di messa al bando del partito filocurdo Hdp, l’uscita dalla Convenzion­e è un altro segno dell’allontanam­ento della Turchia si allontana dall’Ue. La segretaria generale del Consiglio d’Europa Marija Pejcinovic Buric ha parlato «di un enorme passo indietro che compromett­e la protezione delle donne in Turchia, in Europa e anche oltre». E dopo Ankara potrebbe essere la Polonia la seconda nazione a uscire dalla Convezione. Il governo di Morawiecki ci sta pensando.

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Una marcia di protesta delle donne ieri ad Ankara, la capitale turca
In video Una marcia di protesta delle donne ieri ad Ankara, la capitale turca

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